Insieme con Nicola Chiarini sarà anche componente del Consiglio generale dell’ente. L’elezione nel corso della riunione del nuovo Comitato amministratore tenuta oggi a Roma.
Il nuovo Comitato amministrato della Gestione previdenziale separata dell’Inpgi, riunito oggi, mercoledì 24 giugno 2020, a Roma, ha eletto – come da previsione statutaria – i suoi due rappresentanti in seno al Consiglio generale dell’Istituto. Sono il veneto Nicola Chiarini e il romano Massimo Marciano.
Il medesimo Comitato ha poi eletto lo stesso Marciano quale rappresentante della Gestione separata nel Consiglio di amministrazione dell’Ente.
Nell’introdurre il segretario generale Lorusso, il presidente Conte ha sottolineato l’importanza dei media nel periodo della pandemia. «Riconoscimento importante, ma per garantire la funzione essenziale dell’informazione occorrono interventi mirati e riforme di sistema e garantire la qualità del lavoro dei giornalisti», rileva il vertice del sindacato. Un momento dell’incontro al Casino del Bel Respiro di Parco di Villa Pamphilj.
Seconda giornata degli Stati generali dell’economia dedicata al confronto con gli enti locali e le parti sociali. Al tavolo, con i rappresentanti di Regioni, Comuni e Province, anche Vittorio Colao e alcuni componenti del Comitato di esperti e gli esponenti di sindacati e associazioni di categoria. Per la Federazione nazionale della Stampa italiana è intervenuto il segretario generale Raffaele Lorusso, accompagnato dal direttore Tommaso Taquanno.
Nell’introdurre l’intervento del segretario generale della Fnsi, il presidente Conte ha sottolineato l’importanza del ruolo degli organi di informazione, in particolare in questa fase di emergenza «con tutti i cittadini a casa, tutti chiamati a rispettare le misure di distanziamento fisico e a rinunciare alle normali abitudini di vita. Se abbiamo raggiunto un risultato è perché tutta la comunità nazionale, in ciascuna delle sue componenti, ha fatto la sua parte. Per questo voglio dare atto pubblicamente del ruolo che hanno avuto la stampa e gli organi di informazione», ha detto Conte.
«Il riconoscimento del ruolo degli organi di informazione durante la fase dell’emergenza da parte del presidente del Consiglio ribadisce l’importanza e il ruolo strategico della stampa. Un ruolo fondamentale per consentire la formazione di un’opinione pubblica matura e consapevole e per rafforzare le istituzioni democratiche, che deve essere sostenuto con interventi mirati e riforme di sistema», è il commento del segretario generale Lorusso al termine dell’audizione nel corso degli Stati generali.
«Siamo grati al presidente del Consiglio per aver ricordato il ruolo fondamentale svolto dalla stampa nel periodo dell’emergenza sanitaria e per l’attenzione che il governo riserva al settore – sottolinea Lorusso -. Un’attenzione dimostrata anche dall’invito del sindacato dei giornalisti agli Stati generali dell’economia, insieme con le altre parti sociali».
Nel corso dell’intervento, il segretario generale della Fnsi ricorda le criticità del settore, già al centro del confronto con il sottosegretario all’Editoria, Andrea Martella. La crisi strutturale dell’editoria, che dura da più di un decennio, è aggravata dal ruolo sempre più preponderante esercitato dai colossi della rete, a partire da Google e Facebook, che dopo aver di fatto prosciugato il mercato della pubblicità negli Stati Uniti, stanno stravolgendo anche il mercato europeo. «La direttiva europea sul diritto d’autore va recepita con urgenza nel nostro ordinamento – dice Lorusso –. Chi utilizza gli investimenti degli editori e il lavoro dei giornalisti per fare profitti deve essere chiamato a riconoscere la giusta remunerazione. I giganti della rete devono pagare le tasse, i cui proventi vanno destinati a sostenere l’informazione».
Il segretario generale della Fnsi fa poi riferimento alle incursioni in Italia di organizzazioni straniere, in particolari russe e cinesi, come documentato da Ue e Nato, che utilizzano le fake news per provare a condizionare l’opinione pubblica italiana. «Per questo – osserva – occorre sostenere la buona informazione e proteggere la privacy digitale dei cittadini».
I mesi della pandemia hanno inciso pesantemente sui bilanci delle aziende editoriali: senza interventi di sostegno c’è il rischio di effetti deleteri per l’occupazione. Per la Fnsi è necessario sostenere i processi di trasformazione digitale già in atto nel mondo dell’informazione, a patto che siano legati alla tutela dell’occupazione e alla lotta al precariato. «Bisogna superare – rileva Lorusso – la logica dei finanziamenti erogati al solo fine di favorire l’esodo anticipato dei giornalisti dal mondo del lavoro. In un quadro generale di lotta alle disuguaglianze, è necessario affrontare il tema della dignità del lavoro giornalistico e del contrasto alla precarietà dilagante. L’informazione di qualità presuppone qualità del lavoro, quindi diritti, tutele e garanzie oggi assenti per migliaia di giornalisti. L’informazione di qualità non si può difendere lasciando che il perimetro del lavoro subordinato venga progressivamente ridotto per aprire la strada al lavoro precario, attraverso il ricorso massiccio a forme di lavoro atipico che offendono la dignità delle persone».
Con la pubblicazione del Decreto Interministeriale Lavoro-Economia del 29 maggio 2020, sono state definite le modalità e i termini per l’erogazione del Bonus Covid-19 a sostegno del reddito da lavoro autonomo in favore degli iscritti agli enti e casse dei professionisti che abbiano subito una riduzione dell’attività lavorativa in conseguenza dell’emergenza epidemiologica.
L’indennità
in oggetto, prevista dall’art. 44, comma 2, del DL n.18/2020 e dall’art.
76 del DL 34/2020, è riferita al mese di aprile 2020 e l’importo – che
non concorre a formare base imponibile a fini fiscali – è pari a 600
euro.
Sulla base di
quanto stabilito nel Decreto, l’erogazione del Bonus avviene in via
automatica nei confronti di tutti i colleghi che hanno già usufruito
dell’analoga indennità riferita al mese di marzo 2020. Questo significa
che i 9.074 beneficiari non dovranno effettuare alcun adempimento e
riceveranno il nuovo Bonus direttamente mediante accredito sulle
medesime coordinate bancarie comunicate in precedenza.
Ci sono,
inoltre, importati novità per quanto riguarda i requisiti per accedere
al beneficio, che sono stati rivisti in senso estensivo e che
consentiranno di ricevere i 600 euro del mese di aprile anche a una
parte dei colleghi che, in precedenza, erano esclusi.
Già il
Decreto Legge Rilancio aveva eliminato l’obbligo di iscrizione in via
esclusiva alla predetta Gestione ai fini della fruizione del Bonus. Con
il Decreto Interministeriale viene ulteriormente allargata la platea dei
potenziali beneficiari, includendo anche i colleghi che – in possesso
degli altri requisiti previsti – hanno in corso un rapporto di lavoro
subordinato, purché a tempo determinato, oppure siano titolari di un
trattamento di pensione non diretta (vale a dire, i superstiti con
pensione indiretta o di reversibilità).
Per quanto
riguarda i requisiti reddituali riferiti all’anno 2018, inoltre, viene
preso a riferimento – ai fini dei limiti di 35.000 euro oppure di 50.000
euro – esclusivamente il reddito derivante dall’attività professionale
(in precedenza assumeva rilevanza il reddito complessivo, al lordo di
tutte le componenti fiscalmente attive).
Possono
richiedere l’erogazione anche coloro che si sono iscritti alla Gestione
Separata nel 2019 o nel 2020 (fino al 23 febbraio), sempre se in
possesso dei requisiti consistenti il rispetto dei medesimi limiti di
reddito.
Solo i
colleghi, quindi, che – a causa dell’esistenza di un elemento ostativo
oggi non più presente – non hanno presentato la domanda per ricevere
l’indennità del mese di marzo (oppure che, pur avendola presentata, se
la sono vista respingere per tali motivi) possono adesso presentare la
domanda per beneficiare del Bonus di 600 euro riferito al mese di
aprile.
Le istanze potranno essere inviate solo a mezzo mail, a decorrere dalle ore 14:00
del prossimo 8 giugno e fino alle ore 24,00 dell’8 luglio 2020,
avvalendosi di un apposito modulo che sarà pubblicato nel sito web
dell’Ente www.inpgi.it e il Decreto prevede che alle stesse debba essere
assegnato un ordine di priorità in base alla cronologia di
presentazione ai fini della successiva liquidazione.
Il modulo –
che consiste in un file in formato PDF editabile – deve essere compilato
esclusivamente in modalità elettronica ed inviato a mezzo mail
avvalendosi della funzione di spedizione automatica presente nello
stesso, unitamente alla copia fronte/retro di un documento di identità.
Questa
modalità consentirà una gestione automatizzata dei flussi di dati
inseriti nei relativi campi, a tutto vantaggio della riduzione dei tempi
necessari per l’istruttoria delle istanze. Per questa ragione non
saranno in nessun caso presi in considerazione eventuali file stampati e
compilati a mano.
Nella tabella sottostante si riporta una sintesi dei requisiti, delle condizioni e delle modalità di accesso al Bonus in esame da parte dei beneficiari.
Il 9 giugno la Corte Costituzionale si esprimerà sulla legittimità della pena detentiva per chi commette il reato di diffamazione. «Una battaglia storica della Fnsi», ricorda in un editoriale il segretario generale Lorusso, primo firmatario con il presidente Giulietti dell’appello promosso dall’associazione.
Il 9 giugno la Corte Costituzionale si esprimerà sulla legittimità del carcere per i giornalisti, attualmente previsto nel codice penale e dalla legge sulla stampa per chi commette il reato di diffamazione a mezzo stampa. Per dire no al carcere per i giornalisti, l’associazione Articolo21 ha promosso l’appello #JournalismIsNotACrime e una raccolta di firme i cui primi firmatari sono Raffaele Lorusso e Giuseppe Giulietti, segretario generale e presidente della Federazione nazionale della Stampa italiana (qui il link diretto alla petizione). Il disegno della campagna #JournalismIsNotACrime è dell’artista e graphic journalist Gianluca Costantini.
Dopo alcune importanti aperture di esponenti del governo nel senso di un accoglimento anche in Italia dei principi più volte ribaditi nelle sentenze della Corte europea dei diritti umani – che ha riconosciuto tanto il carcere quanto sanzioni economiche spropositate come veri e propri ‘bavagli’ ai giornalisti –, in un editoriale pubblicato anche sul articolo21.org, il segretario generale della Fnsi ricorda come la battaglia per l’abolizione della previsione del carcere per i giornalisti è una «battaglia storica» del sindacato, inserita fin «nell’atto costitutivo della Fnsi» risalente al 1908.
Per firmare l’appello e aderire alla mobilitazione basta inviare una mail a redazione@articolo21.info.
Il logo della campagna ‘Journalism Is Not A Crime’ è stato realizzato da Gianluca Costantini per Articolo21.
Non è ancora tempo di cantare vittoria. L’impegno del governo a cancellare il carcere per i giornalisti, ribadito dai sottosegretari all’editoria e alla giustizia, Andrea Martella e Vittorio Ferraresi, rappresenta un importante elemento di novità. Di qui ad affermare che il risultato è stato raggiunto, però, ce ne passa. Di certo, è a portata di mano. Anche perché, a incalzare il parlamento potrebbe essere la Corte Costituzionale. I giudici della Consulta, com’è noto, il prossimo 9 giugno si pronunceranno sull’eccezione di incostituzionalità dell’articolo 595 del codice penale e dell’articolo 13 della legge sulla stampa, la numero 47 del 48. Entrambe le norme prevedono la pena detentiva per il giornalista che commette il reato di diffamazione a mezzo stampa.
Quale sarà la decisione della Corte Costituzionale – rigetto della questione o accoglimento oppure sentenza interlocutoria con rinvio alle Camere che se ne stanno occupando – diventerà fondamentale il lavoro del Parlamento. Nelle numerose interlocuzioni avviate dalla Fnsi, da sempre in prima linea per la cancellazione del carcere per i giornalisti, governo e forze politiche hanno ribadito la volontà di approvare la proposta di legge sulla cancellazione del carcere insieme con quella, distinta ma collegata, sul contrasto alle querele bavaglio. Quest’ultima, presentata dal senatore Primo Di Nicola, ha già ottenuto il via libera della commissione giustizia del Senato. Per quella sulla diffamazione, che introduce anche nuovi criteri sull’obbligo di rettifica, l’ok dovrebbe arrivare a breve.
Restano da sciogliere alcuni nodi sostanziali. A cominciare dal rischio, tutt’altro che remoto, che la cancellazione del carcere si trasformi in una sorta di resa dei conti con i giornalisti. La voglia di sostituire la pena detentiva con pesanti sanzioni pecuniarie è diffusa trasversalmente fra le forze politiche. Non è una novità, visto che anche nelle passate legislature i disegni di legge di riforma si sono infranti proprio su questo scoglio. Se dovesse prevalere la linea dura, ossia multe salate al posto del carcere, si aprirà un altro caso Italia dinanzi alla Corte europea dei diritti dell’Uomo. I giudici di Strasburgo, infatti, considerano le pene pecuniarie di una certa entità alla stessa stregua del carcere. Ossia una forma di dissuasione per il giornalista. Il rischio di condanna a pagare una somma elevata in caso di diffamazione rappresenta di fatto una compressione della libertà di espressione e del diritto di cronaca. L’auspicio, allora, è che il legislatore italiano sia riformista fino in fondo e accolga le raccomandazioni della Corte europea. Il carcere può essere sicuramente sostituito da sanzioni pecuniarie. A condizione, però, che venga previsto un minimo e un massimo (comunque contenuti) e che, in caso di condanna, venga data al giudice la possibilità di tener conto delle condizioni economiche del giornalista, delle dimensioni dell’impresa e della diffusione del giornale. In caso contrario, sarà impossibile per l’Italia sottrarsi alle censure dei giudici europei.
Il sindacato dei giornalisti ha portato questi elementi all’attenzione del governo e dei parlamentari che stanno discutendo la proposta di legge in commissione. Se fossero accolti, sarebbe una chiara inversione di tendenza. Un fatto di portata storica, considerato che la cancellazione del carcere per i giornalisti era nell’atto costitutivo della Fnsi. Che – va ricordato a beneficio di chi non conosce la storia o non vuole studiarla – risale al 1908.
La nostra vita è stata sconvolta dalla comparsa del coronavirus Sars–CoV–2 proveniente dalla Cina e diffusosi in tutto il pianeta, con conseguenze sulla salute e sull’economia globale che sta mettendo a dura prova ogni nazione. Di fronte a questa pandemia è necessario saper informare con la massima trasparenza per evitare il rischio di creare allarmismi ingiustificati o, al contrario, negare le evidenze specie se a carattere medico scientifico. Abbiamo chiesto di fare chiarezza sulle conseguenze delCovid-19aFrancesco Bonella, un medico che lavora da 14 anni in Germania alla “Ruhrlandklinik“, la Clinica pneumologica della facoltà di Medicina diEssen, in cui ricopre anche il ruolo di Professore associato di malattie respiratorie. La “Ruhrlandklinik” è il centro di riferimento tedesco per le patologie interstiziali e rare del polmone, ed è diretta dal professor Christian Taube.
Il dottor Bonella, originario di Trento, si è laureato in Medicina e chirurgia a Verona (detiene una specializzazione in Medicina interna a indirizzo pneumologico e reumatologico, oltre ad aver svolto esperienze cliniche nelle cliniche universitarie di Hannover e Berlino), e ora presta servizio a Essen, dove la sua esperienza è dimostrata anche dalle pubblicazioni scientifiche – oltre 250 – molte delle quali su riviste scientifiche ad elevato “impact factor” (impatto scientifico). Un medico specialista che lavora nella patria di ben tre Nobel per la medicina del calibro di Robert Koch, Paul Ehrlich e Harald zur Hausen (noto per le ricerche sul Papilloma virus Umano, Hpv). Per esaminare le cause della pandemia da Sars-CoV-2 – Severe acute respiratory syndrome–Coronavirus–2, un ceppo virale della specie Sars-related coronavirus/Sars-CoV, che fa parte del genere Betacoronavirus, scoperto intorno alla fine del 2019 – abbiamo chiesto a Bonella come valuta l’operato dei media e del motivo per cui l’argomento viene trattato spesso con un’enfasi eccessiva se non controproducente per informare correttamente il lettore.
«Noto come la stampa italiana ma anche la discussione scientifica a livello nazionale si sia concentrata in modo direi quasi ossessivo sul numero e le cause dei decessi, quando in realtà almeno il novanta per cento dei malati sopravvive. Una visione parziale riconducibile, in parte, alla tragedia delle prime settimane di esplosione della pandemia. In Germania vige sicuramente una maggiore neutralità nel dare le informazioni, rispettata dalle grandi testate giornalistiche dove si percepisce un minore schieramento di posizioni e più considerazione nei confronti delle informazioni ufficiali», ha detto Bonella.
Come viene informata l’opinione pubblica in Germania sull’andamento dei contagi?
«A differenza dell’Italia, dove viene emesso un bollettino giornaliero, qui in Germania, accanto alla comunicazione dei dati reali trasmessi al Robert Koch Institut (Rki), si valutano i coefficienti di trasmissione sull’arco dei sette giorni, in particolare il coefficiente R del 26 maggio si attestava a 0,70, con intervallo di previsione al 95 per cento di 0,59- 0,82 (fonte Rki). Ogni giorno, l’istituto Rki puntualizza il coefficiente che riflette la contagiosità di una, due settimane prima. Pertanto qui si tende a dare più importanza al trend sui 7 giorni che ci comunica una tendenza della contagiosità ottenuta con il metodo Nowcasting . In questo caso, il 26 maggio scorso il coefficiente R dei 7 giorni (7-Tage R Wert) si è attestato a 0,78, con intervallo 0,59-0,82: vuol dire che la situazione è stabile ma ancora vicina a 1. Questo coefficiente è preferibile perché livella le variazioni giornaliere indotte da ritardi o accelerazioni nella trasmissione dei dati dalla periferia al Rki».
All’inizio della pandemia la diffusione del virus non è stata contenuta, specie in alcune zone della Lombardia dove non è stata decretata la chiusura di ospedali e create le “zone rosse”, o come in Trentino, si è deciso in ritardo di chiudere gli impianti sciistici.
«Gli errori di sottovalutazione tipici della prima fase sono stati commessi un po’ ovunque. In Germania, per capire velocemente la dinamica della diffusione delCovid-19 sono stati somministrati dei questionari nel territorio dove è avvenuto il primo focolaio ad Heinsberg, vicino a Düsseldorf, di quasi duecento domande a persona per trovare delle risposte sulle modalità esatte di trasmissione e le situazioni a rischio (studio condotto dall’Università di Bonn). Un dato significativo ottenuto da questa ricerca a tappeto è rappresentato dal fatto che i primi infettati erano giovani sciatori presenti nella località austriaca diIschgl, il principale focolaio da cui poi il virus ha raggiunto molti paesi del Nord Europa. Anche inTrentino si è verificata una situazione analoga, quando sono state lasciate aperte le piste da sci nelle valli, nonostante fosse già chiaro che il virus si stava espandendo».
Fino all’otto marzo scorso in Trentino le piste da sci sono rimaste aperte (come gli alberghi delle località turistiche) permettendo così un’affluenza record di sciatori provenienti da altre regioni, (chiuse solo il 10 marzo per ordine del ministro per gli affari regionali Francesco Boccia), a differenza della Provincia di Bolzano dove invece era stato emanato un provvedimento di chiusura anche su sollecitazione di molti albergatori. La presidente dell’Associazione nazionale degli esercenti funiviari, Valeria Ghezzi, aveva così commentato rispetto alla decisione del presidente della Provincia di Trento, Maurizio Fugatti di non bloccare gli impianti sciistici: «La neve è più forte del virus e ho sentito che il presidente della Giunta provinciale ci ha raccomandato di essere più attenti del solito. Lo rassicuro, già stiamo adottando misure severe. Siamo responsabili e consapevoli della straordinarietà e complessità della situazione. Stiamo cercando di evitare che nelle cabinovie entri un numero eccessivo di persone». Le immagini pubblicate nei giorni successivi hanno di fatto smentito le promesse e l’affollamento eccessivo sulle piste ha permesso il diffondersi del virus nelle valli trentine.
«Per quanto riguarda le cause di morte – prosegue il professor Bonella – si possono fare alcune interessanti considerazioni: il virus nel polmone, quando porta alla morte, lo fa causando sindromi iperacute, che sono principalmente la Sindrome del distress respiratorio acuto(Ards), il danno acuto del polmone (denominato in inglese“Acute lung injury-Ali”, una sorta di pre-Ards) e la temuta Afop, la polmonite organizzativa fibrosante acute fibrinous and organizing pneumonia gravata, anche nel caso del coronavirus, da una mortalità del 50-80 per cento Copin et, al Intensive Care Med. 2020. Nel caso della polmonite interstiziale da Covid-19, fra le cause di mortalità si possono trovare sicuramente anche i fattori tromboembolici, che portano all’esito fatale, come evidenziato nelle numerose autopsie eseguite nei centri di riferimento Covid. Detto ciò sono rimasto stupito dai ripetuti e talora bizzarri messaggi, circolati su “Whatsapp”, sugli esiti allarmanti delle autopsie in merito proprio a questi fatti tromboembolici. Ora, vorrei ricordare che la formazione di macro o micro trombi nei vasi del polmone, e in conseguenza di embolie, così come a livello sistemico (coagulazione intravascolare disseminata), sono complicazioni ben note in queste forme polmonari iperacute, che finiscono sempre in terapia intensiva. Anche qui, se ne sono sentite di tutti i colori, come se queste tromboembolie fossero conseguenza non della malattia acuta e altamente mortale in sé, ma del fatto che i medici non avessero somministrato anticoagulanti o antiaggreganti per prevenire tali fenomeni. Tutte opinioni avventate. Io sono sicuro che i colleghi italiani abbiano somministrato la terapia di profilassi antitrombotica per i pazienti ospedalizzati acuti e quindi allettati, come nel resto del mondo è stato fatto».
A Piacenza, il primario di oncologia Luigi Cavanna ha potuto dimostrare come le cure a domicilio, eseguite con efficacia all’insorgere dei primi sintomi, hanno potuto salvare 250 pazienti affetti da Covid-19. Il medico, insieme alla sua equipe medica, si è recato a casa dei malati dove ha applicato trattamenti farmacologici e terapie fino alla loro completa guarigione, evitando di fatto di aggravare sulle strutture sanitarie. Il metodo scelto dal primario se fosse stato adottato anche in altre città della Lombardia (come Bergamo, ad esempio), avrebbe evitato molti ricoveri ospedalieri in fase critica e terminale dove le terapie intensive non hanno potuto far fronte all’eccessivo numero di pazienti successivamente deceduti. Le disposizioni del ministero della Sanità inviate ai medici di base non prevedevano di fatto le cure a domicilio. In Germania al contrario la medicina generale è collegata a quella ospedaliera, e non risulta separata come in Italia.
«La medicina territoriale e la sua forza rappresentano sicuramente un punto focale nella gestione di questa pandemia. Mi sono chiesto più volte cosa si sarebbe potuto fare monitorando a casa molti più pazienti, e quindi impedendone l’invio in ospedale, e se i medici di base fossero stati dotati di saturimetro e nella condizione di fare anche i tamponi. Io sono stato chiamato a rivedere da osservatore esterno il processo decisionale attuato dai colleghi italiani in situazione di triage (i dati sono in pubblicazione) e confermo la difficile situazione in cui i sanitari si sono trovati a gestire questi pazienti: una sfida medica eccezionale nel cercare di curare migliaia di malati Covid-19 in poco tempo e senza una guida precisa. Anche la mancanza di strategie per la prevenzione del contagio come i percorsi separati per i pazienti Covidha purtroppo inciso negativamente sull’andamento iniziale della gestione della pandemia».
In Italia quali sono stati i fattori aggravanti della diffusione del Sars-CoV-2?
«In Italia, come in altri Paesi, sono stati identificati più di venti fattori responsabili di aver aggravato la diffusione del virus e che possono essere correlati con la mortalità: tra questi sicuramente la densità di popolazione in alcune aree come la Lombardia, l’inquinamento da particolato atmosferico Pm 2.5 e Pm 10 (formato da una miscela complessa di particelle solide e liquide di sostanze organiche ed inorganiche sospese in aria, il maggior inquinante nelle aree urbane, ndr). Vorrei ricordare, proprio in merito alla questione dell’inquinamento atmosferico, che ci sono state di recente delle smentite solenni, da ultimo il caso di Francesca Dominici e collaboratori di Haward dove gli stessi autori hanno ritrattato i dati pubblicati un mese prima. Un altro possibile fattore è stato imputato a differenze nella cosiddetta distanza di sicurezza (intendo fra individui) nelle diverse popolazioni. In Germania o nei paesi del Nord Europa la distanza nei rapporti formali è un fatto abituale e quindi non è stato difficile per i cittadini rispettarlo durante il “lockdown”(ma le trasgressioni le abbiamo viste anche qui). I tagli alla sanità pubblica con la chiusura di molti ospedali periferici e l’indebolimento della medicina del territorio, avvenuto in Italia nell’ultimo decennio, credo abbiano contribuito in maniera significativa all’afflusso massiccio di pazienti già infetti nei pronti soccorsi (vedi la Lombardia, dove si è privilegiata la sanità privata. La decisione di trasferire malati meno gravi dai reparti ospedalieri alle Rsa ha permesso anche di diffondere il contagio all’interno delle strutture, ndr). In Germania il filtro è avvenuto prima, grazie alla robustissima rete di medicina del territorio.
Qui in Germania ad inizio del mese di febbraio le case di riposo sono state letteralmente chiuse al pubblico e di conseguenza i contagi tra gli anziani non si sono diffusi (tranne un paio di contenuti focolai avvenuti in Baviera e Nord-Reno Westfalia). Un vantaggio per questa nazione è stata poi l’età dei contagiati: gli sciatori che provenivano dall’Austria avevano un’età media di quarant’anni, cosi come le persone che avevano partecipato alle sfilate di Carnevale nelle città tedesche del territorio renano. La mortalità da Covid-19 nei quarantenni non è diversa fra Italia e Germania, attestandosi sotto l’1 per cento.
Continuando sulle differenze che ho potuto notare fra la gestione della pandemia nei due paesi, in Germania sono stati eseguiti da subito molti tamponi; questo pragmatismo tedesco ha permesso di ottenere dei risultati efficaci. Pur di mantenere alti i livelli di esecuzione dei tamponi nella popolazione e di garantire i risultati entro le 48 ore, sono stati reclutati anche i laboratori dei medici veterinari per analizzare i tamponi, visto che anch’essi sono dotati delle tecnologie per eseguire la Pcr(la reazione a catena della polimerasi, una tecnica di biologia molecolare che consente la moltiplicazione – amplificazione – di frammenti Dna dei quali si conoscono le sequenze): in fondo siamo pur sempre in presenza di unazoonosi (una malattia che viene trasmessa da animali all’uomo, ndr). Inoltre, da subito in Germania è partito il cosiddetto “censimento dei ventilatori”: ai primari di Terapia Intensiva è stato chiesto di fornire il numero preciso di apparecchiature per la ventilazione invasiva e semi-invasiva presenti nei loro reparti, e di rimettere in funzione i ventilatori datati, da tempo non più utilizzati. In pochissimi giorni, si è assistito ad un incremento dei posti letto in terapia intensiva poi successivamente messi a disposizione di altri paesi europei come la Francia, Spagna e l’Italia, visto che i due terzi erano rimasti vuoti.
Anche qui al Policlinico universitario di Essen sono arrivati una decina di malati gravi da Bergamo.Un’altra misura approntata in tempi rapidissimi è stata la creazione dei percorsi separati per i pazienti affetti da Covid-19 con corridoi e triage dedicati per evitare il contatto con altri malati e operatori sanitari (l’unico ospedale italiano a seguire questo metodo è stato l’ospedaleCotugno di Napoli dove non ci sono stati casi di medici e infermieri contagiati, ndr), questo a mio parere è stata una delle chiavi del successo nel contenimento dell’epidemia nella popolazione e delle infezioni fra il personale sanitario in Germania».
Un virus di origine animale da qui il termine zoonosi. Questo esclude ogni altra teoria o sospetto di contaminazione partita da un laboratorio in Cina?
«Qui si aprono le discussioni più accese. Anch’io mi sono fatto un’idea leggendo la letteratura specializzata. In questo virus sono state rilevate delle sequenze nel genoma che sono molto simili a quelle di Hiv-1 (Human immunodeficiency virus), specie di retrovirus che causano un’infezione cronica che provoca la sindrome da immunodeficienza acquisita (Aids, ndr), mentre la presenza di queste sequenze genera dubbi in alcuni virologi sulla possibilità che siano frutto di un rimaneggiamento del virus. Bisogna però puntualizzare che tali sequenze non sono esclusivamente presenti inCovid-19 ma sono state rilevate anche in altri tipi virus.
Al di là delle paranoie, i dati scientifici per ora non possono avvallare le teorie complottistiche sul fatto che il virus sia stato creato in laboratorio allo scopo di distruggere l’umanità o parte di essa. Se vi è stato un rimaneggiamento di un coronavirus a scopi scientifici (per esempio il trasferimento di materiale genetico tra cellule per transfezione), fra cui lo sviluppo di un vaccino (magari proprio per l’Hiv), questo lo potranno stabilire solo le indagini approfondite di biologia molecolare. Restano poche certezze, una fra queste riguarda i reservoirs naturali di questo virus: lo zibetto dell’Himalaya e il pipistrello che ha fatto il salto di specie. Ci sono voluti mesi per conoscere meglio come si trasmette ilcoronavirus, principalmente per via aerea, parlando e tossendo, e dovremmo tenere ben presente che per l’Hiv e l’Ebola, dove ci sono voluti anni e tutto si è rivelato molto più complicato».
Altro aspetto rilevante è la richiesta di sperimentare in tempi brevi un vaccino.
«I tempi reali per condurre gli studi necessari al fine di giungere all’approvazione di unvaccino è di circa otto anni. Lo stesso vale per le fasi degli studi clinici di approvazione per un nuovo farmaco (in genere sono necessarie 3-4 fasi). Pertanto i toni trionfalistici e le conclusioni affrettate, sentite nelle ultime settimane, sono fuori luogo. Un iter più veloce per l’approvazione di nuove terapie è possibile grazie alla presenza di “fast tracks” (vie rapide) predisposte dalle Agenzie del farmaco, che permettono di velocizzare ma non di saltare le tappe, come già avviene nel campo delle malattie rare. Un iter frettoloso, invece, risulterebbe deleterio in quanto rischierebbe di far saltare i passaggi fondamentali e indispensabili come quello sulla valutazione dell’efficacia e della tossicità a lungo termine. Nel tempo che resta da ora fino alla somministrazione del vaccino, a scopo terapeutico o profilattico, su larghe fasce di popolazione, è bene continuare a mantenere le misure di protezione come la mascherina e il distanziamento per bloccare efficacemente la diffusione del contagio».
La cura della plasmaferesi in Italia continua a suscitare polemiche e il dibattito si fa sempre più acceso tra sostenitori e detrattori. Cosa ne pensa a proposito?
«Sinceramente questa polemica sulla plasmaferesi mi lascia sbigottito. La plasmaferesi è costituita dal prelievo del sangue intero, l’asportazione del plasma (porzione liquida del sangue) e la restituzione delle restanti componenti del sangue. La plasmaferesi produttiva viene usata per raccogliere plasma per la donazione, mentre quella terapeutica è una procedura abbastanza antica e validata nel trattamento di disordini immunitari. Buone evidenze ci sono anche per il trattamento della sepsi e della Ards, ben prima di questa pandemia. Qui la polemica nasce se il plasma dei pazienti Covid convalescenti, che contiene anticorpi neutralizzanti, può essere somministrato su larga scala per salvare i pazienti critici. Personalmente invito a leggere le line guida per l’identificazione dei donatori ideali e dei pazienti “candidati” della Food and drug administration (FDA) americana. Si noterà quanti criteri di inclusione ed esclusione ci siano per tutelare soprattutto la sicurezza dei pazienti. Uno degli aspetti tecnici più rilevanti ai fini pratici è che non esistono ancora test standarizzati su larga scala per rilevare la presenza di anticorpi neutralizzanti nel plasma. Quindi cosa andiamo a somministrare? Capite bene che la polemica a questo punto svanisce all’istante…»
In Italia si assiste ad un continuo sovrapporsi di pareri scientifici contrastanti tra di loro. Una sorta di gara tra virologi nel smentirsi a vicenda e ognuno ritiene di avere ragione più di un altro collega.
«Mi viene da rispondere citando il filosofo francese Michel Onfray il quale, in una intervista a Repubblica ha affermato: “Non si può passare impunemente, e così duramente, da una società pervasa dal rumore onnipresente, dall’iperattività incessante, dall’eccitazione permanente, dell’andare e venire continui, dall’esibizionismo perpetuo al silenzio, alla calma, alla solitudine, all’isolamento, all’invisibilità senza che tutto ciò non implichi danni incalcolabili…”. Mi colpisce, e amo ripetere, il termine “esibizionismo perpetuo” che descrive bene un fenomeno presente nei media e nei social network, ovvero il proliferare di opinioni autoreferenziali e il sottrarsi all’autocritica. Se questo accade nella ricerca, che ha bisogno di tempo, piccoli passi e concentrazione, i danni posso essere irreparabili.
Le parole chiave da tenere presenti in questo momento sono: pragmatismo, pazienza, qualità della raccolta dei dati attraverso una coordinazione fra i centri e, ancora forse utopistico in Europa, fra i diversi paesi. L’umiltà è necessaria prima di trarre delle conclusioni affrettate che avranno poi ricadute possibili sulla salute pubblica, l’ordine sociale e anche l’economia di un paese. I dati devono essere comparati e valutati da revisori esterni e imparziali, sempre e comunque. Dopo lo tsunami di pubblicazioni e proclami (“pre print”) a cui abbiamo assistito in questi mesi, servono ora le cosiddette “metanalisi”, per arrivare a capire dove si trova la verità in questa miriade di dati. La sistematicità nella ricerca sul comportamento delcoronaviruse le sue non ancora del tutto decifrabili conseguenze, pur pressati dalla richiesta di risposte veloci, è l’unica strada che ci porterà a vincere questa sfida».
Il quotidiano Alto Adige 75 anni. Fondato dal Cnl, è uscito per la prima volta in edicola il 24 maggio del 1945. Per l’anniversario il giornale pubblica uno speciale con un editoriale del presidente della Repubblica Sergio Mattarella che sottolinea il «ruolo positivo, di dialogo, di fattiva costruzione di una comunità moderna e aperta». Come ribadisce il direttore Alberto Faustini, «oggi la convivenza faticosamente conquistata ci pare un diritto quotidiano quasi scontato, ma rileggendo il giornale di oltre cinquant’anni fa e mettendosi nei panni del lettore, possiamo davvero immaginare una situazione ben diversa. Non che oggi prevalgano le buone notizie, ma sul fronte della convivenza abbiamo fatto passi da gigante. Certo il giornale ora si occupa dell’endemico ‘disagio’ degli italiani, di proposte provocatorie legate ancora e sempre, ma non solo, alla toponomastica, talora tendenti ancora a rilanciare l’autodeterminazione. Ma la dinamite sembra sotterrata per sempre».
Per il presidente Mattarella, «la storia –
e l’attualità – dei giornali e dell’editoria locale è parte vitale di
quel tessuto democratico che ha consentito al nostro Paese di progredire
nel benessere e nei diritti». Nel suo saluto in un occasione del 75°
anniversario di fondazione del quotidiano Alto, il capo dello Stato
ribadisce anche che «l’essenziale principio di libertà, sancito
dall’articolo 21 della Costituzione, trova necessaria attuazione proprio
nella ricchezza che deriva dalle diversità e dalla molteplicità».
«L’Alto
Adige-Sud Tirol, nato per iniziativa di chi aveva combattuto per la
Liberazione dal nazifascismo, si è trovato nella sua vita a presidiare
un altro fondamento costituzionale: la tutela delle minoranze,
solennemente affermata dall’articolo 6. Le vicende di questi decenni non
ci hanno risparmiato momenti di difficoltà, ormai lontani, ma possiamo
ben dire che l’Italia, nel percorso che prese avvio dall’accordo De
Gasperi-Gruber, è diventata un modello di integrazione e di convivenza
per l’intera Europa», prosegue il presidente della Repubblica.
«L’Unione
Europea – conclude Mattarella – ha avuto la significativa ispirazione
di definirsi come ‘unione di minoranze’. In questo cammino l’Alto Adige e
il Trentino hanno svolto un ruolo positivo, di dialogo, di fattiva
costruzione di una comunità moderna e aperta. Ogni giorno sono stati
capaci di descrivere e dare voce a forze sociali, civili, economiche, a
cittadini che operavano per lo sviluppo e per una sua migliore qualità».
Gli auguri del Sindacato giornalisti del Trentino Alto Adige «Non
possiamo che sottoscrivere le parole del presidente della Repubblica
Sergio Mattarella, che ha ricordato il duplice ruolo dell’Alto Adige
Trentino che hanno accompagnato i 75 anni di storia dell’Alto Adige Sued
Tirol», commenta il segretario del Sindacato Giornalisti del Trentino
Alto Adige Journalisten Gewerkschaft, Rocco Cerone. «Buon compleanno
Alto Adige Trentino: l’augurio più sincero – prosegue – è di continuare a
portare alta la bandiera dei valori costituzionali racchiusi
nell’articolo 21 sulla libertà di stampa e nell’articolo 6 sulla tutela
delle minoranze linguistiche, che sono nel Dna dei due giornali. È
importante celebrare questa ricorrenza soprattutto in un momento di
crisi accentuata nel settore dell’editoria, che costituisce uno sprone a
continuare per almeno altri 75 anni. Auguri Alto Adige Trentino».
Come avvenuto in occasione delle disposizioni introdotte per il contrasto all’epidemia da Covid-19 – dai Dpcm, ai decreti legge ai decreti e circolari mini-steriali – gli uffici della Federazione nazionale della stampa italiana hanno individuato le misure riguardanti il settore e predisposto un documento di agevole lettura. Le domande più frequenti rivolte alla Fnsi e le risposte, già pubblicate sul sito federale, vengono adesso raccolte anche in una guida ragionata in formato pdf (presente al link o scaricabile in calce all’articolo).
Il rinnovo del bonus per i lavoratori autonomi anche per i mesi di aprile e maggio, per la cui eroga-zione occorre comunque attendere un decreto inter-ministeriale. La proroga dei contratti delle agenzie di stampa. La proroga al 31 dicembre del termine per il riequilibrio dell’Inpgi. Il rifinanziamento de-gli ammortizzatori sociali e l’accredito all’Istituto di previdenza dei giornalisti dei contributi figurativi per la Cig in deroga con causale “Covid 19”. Tra conferme e novità, sono queste alcune delle numerose misure previste dal decreto ‘Rilancio’, pubblicato in Gazzetta Ufficiale martedì 19 maggio 2020, che riguardano anche i giornalisti e, più in generale, il settore dell’informazione. Si tratta di misure che sosterranno, sia pure in modo non esaustivo, il comparto e la professione e vanno nella direzione auspicata dalla FNSI nel corso dei numerosi confronti intercorsi con il Governo durante il periodo dell’emergenza. È un’interlocuzione che dovrà proseguire nelle settimane e nei mesi a venire. L’informazione, della cui importanza tutti hanno do-vuto prendere atto in queste settimane, deve essere sostenuta. Occorre valorizzare il lavoro dei giornali-sti, contrastando la precarietà e il lavoro irregolare.
Il Sindacato giornalisti del Trentino Alto Adige ha confermato la convenzione con il CAAF della CGIL di Trento e della CGIL-AGB di Bolzano per la compilazione della dichiarazione dei redditi, ma con modalità diverse a causa dell’emergenza sanitaria in corso.
A Bolzano sarà possibile contattare la consulente Sig.ra Loredana Sartor al numero 333/7865808 con la quale potrà concordare un appuntamento presso la Sede di Via Trieste 76 per l’elaborazione della dichiarazione.
A Trento sarà possibile contattare la consulente Sig.ra Valentina Boschele c/o CAAF CGIL al n. 345 4595241, per accordarsi sulla consegna della documentazione e sulla modalità di compilazione della dichiarazione, con orario da lunedì a venerdì 8-18.
Vi preghiamo di allegare alla documentazione la dichiarazione dell’anno scorso (mod. 730/19, UNICO/19), copia di un documento di validità in corso, copia del codice fiscale, un recapito telefonico e copia della convenzione per l’applicazione della tariffa agevolata.
N.B per coloro che desiderano avere copia del CU2020 dell’Inpgi e/o il riepilogo delle spese mediche Casagit, possono farne richiesta ai nostri uffici prima di contattare gli uffici di Bolzano e Trento, specificando a quale indirizzo email spedire la documentazione.
IMPORTANTE: in allegato troverete tre documenti: 1. Convenzione tra la CGIL Servizi e il Sindacato regionale Giornalisti TAA; 2. Elenco dei documenti necessari per la dichiarazione 730/2020 Auspichiamo in questo modo di venire incontro alle Vostre esigenze.
Bozen, den 21. Mai 2020 Liebe Kolleginnen und Kollegen, die Journalistengewerkschaft Trentino Südtirol hat die Konvention mit dem Steuerbeistandszentrum des AGB/CGIL erneuert. Das Zentrum übernimmt daher auch heuer das Ausstellen der Steuerklärung. Wegen des Coronavirus verläuft dies jedoch anders als in den vergangenen Jahren.
In Bozen sollte Frau Loredana Sartor von Steuerbeistandszentrum CGIL-AGB in der Trieststraße Nr. 78 unter der Rufnummer 333/7865808 angerufen werden. Mit Ihr könnt ihr Einzelheiten vereinbaren und wie und wo die Unterlagen abgegeben werden sollen.
Wer hingegen seine Steuererklärung in Trient ausstellen lassen möchte, sollte Frau Valentina Boschele vom Steuerbeistandszentrum CGIL Trient von Montag bis Freitag von 8 bis 18 Uhr unter der Rufnummer 345 45 95 241 anrufen. Mit ihr könnt ihr Einzelheiten vereinbaren und wie und wo die Unterlagen abgegeben werden sollen. Bitte legt die Steuererklärung des letzten Jahres (mod.730/19, UNICO/19) bei, die Kopie eines gültigen Personalausweises, die Kopie eurer Steuernummer, die Telefonnummer, über die ihr erreichbar seid und die Kopie der Konvention, die euch einen günstigeren Tarif sichert. Wer eine Kopie des CUD2020 des Inpgi und/oder eine Aufstellung der Arztspesen der CASAGIT möchte, kann dies bei unseren Büros beantragen. Das sollte geschehen, bevor die Büros der Steuerbeistandszentren in Bozen oder Trient kontaktiert werden. Bitte gebt die E-Mail-Adresse an, an die die Unterlagen geschickt werden sollen.
WICHTIG: In der Anlage findet ihr drei Dokumente:
1. Abkommen zwischen CGIL-AGB und regionaler Journalistengewerkschaft; 2. Verzeichnis der erforderlichen Unterlagen für die Steuererklärung 730/2020. Wir hoffen, euch damit das Abfassen der Steuererklärung erleichtert zu haben.
Il Sindacato dei Giornalisti del Trentino Alto Adige solidarizza con i colleghi dell’ANSA in sciopero contro un piano insensato che rischia di minare uno degli imprescindibili presidi e dei baluardi dell’informazione dei territori.
Lo afferma in una nota il segretario regionale Rocco Cerone. D’intesa con la FNSI, anche il SJG affiancherà i giornalisti dell’ANSA nelle azioni che cdr e fiduciari riterranno di assumere.
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