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Ekaterina Ziuziuk presidente del presidio Articolo21 Trentino Alto Adige

Il direttivo del presidio regionale di Articolo 21 del Trentino Alto Adige ha nominato all’unanimità Ekaterina Ziuziuk alla carica di presidente. Ziuziuk, già portavoce dell’Associazione bielorussi in Italia “Supolka”, segue da tempo la repressione del dissenso politico in corso in Bielorussia, a seguito delle presidenziali del 2020. “Si tratta di scelta che per Articolo 21 è motivo di prestigio, e rafforza il mandato di difendere la libertà d’opinione e di stampa in tutto il mondo”, dichiara il portavoce del presidio del Trentino Alto Adige Roberto Rinaldi.

Di seguito, riportiamo un testo della neoeletta presidente

A fine giugno dell’anno scorso ho creato una cartella sul mio computer intitolata “Elezioni 2020”. Archiviavo i comunicati stampa che a partire da fine giugno 2020 ho iniziato a inviare alle redazioni dei media italiani per informarli sulla situazione che si stava creando in Bielorussia. Pensavo che, dopo le elezioni del 9 agosto, quella cartella sarebbe diventata inutile, che sarebbe finito tutto. Speravo che il bene avrebbe vinto e il male sarebbe stato sconfitto, ma dentro di me avevo una raggelante certezza che il Paese stava andando incontro ad una tragedia. E così è stato: il 9 agosto 2020 il movimento della resistenza bielorussa ha preso un altro slancio, molto più forte di tutto quello che avevamo visto negli ultimi 26 anni. Il male ha vinto – con l’80% dei consensi, secondo i risultati ufficiali annunciati dal comitato centrale per le elezioni.

Quello che è successo dopo è estremamente doloroso. La polizia ha usato violenza senza precedenti contro i cittadini pacifici e disarmati scesi in strada perché era l’unico modo per capire in quanti erano quelli che hanno effettivamente votato per un candidato alternativo. Si è visto che erano tantissimi. Non solo nella capitale, ma in molte altre città bielorusse, grandi e piccole.

Le forze dell’ordine hanno usato i manganelli e il gas lacrimogeno, le granate stordenti e le pallottole di gomma in una maniera massiccia ed indiscriminata. Abbiamo scoperto che sparate a distanza ravvicinata, le pallottole di gomma fanno lo stesso effetto di quelle normali. Successivamente, il regime ha agito sempre con la stessa metodica crudeltà per reprimere ogni forma del dissenso.

Ad oggi il bilancio di questo confronto è il seguente: 4 morti (chissà di quanti altri non sappiamo), 1.000 casi di tortura documentati (e chissà quanti altri di cui non si è parlato), 33mila persone arrestate, processate e condannate per la partecipazione alle manifestazioni non autorizzate.

Poco fa la notizia sul campo di concentramento in via di allestimento ha scosso il popolo bielorusso, ma in fondo non l’ha stupito.

Tutte queste cose sembrano surreali, perché stanno accadendo nel centro geografico dell’Europa, a sole due ore e mezzo di volo dall’Italia. Stanno accadendo oggi.

Purtroppo, siamo costretti a costatare che il tema della Bielorussia è uscito di scena. In questo momento tutti gli occhi sono puntati sulla Russia, ma non significa affatto che la situazione in Bielorussia sia rientrata. Al contrario: il numero dei prigionieri politici è in aumento – a oggi sono 220 – e la repressione si fa sempre più dura. Solo nella giornata di ieri, a Minsk, sono state arrestate più di 160 persone, anche se non c’erano manifestazioni di massa.

In Bielorussia è facile finire nel mirino delle forze dell’ordine. Basta poco: trovarsi per strada, esporre la bandiera bianco-rossa alla finestra della propria abitazione, indossare i pantaloni bianchi e la giacca rossa, postare una foto con la bandiera sui social o lasciare un commento di dissenso. Questi piccoli gesti, banali per un cittadino di un Paese libero e democratico, in Bielorussia sono sufficienti per essere processati e condannati alle pene reali: multe salate, ma anche reclusione.

In parallelo alle misure punitive contro i cittadini, il regime dittatoriale sta reprimendo in ogni modo la libertà della parola. Nel periodo dal 9 agosto 2020 ad oggi i giornalisti sono stati fermati quasi 500 volte, nove sono in carcere, contro 19 sono stati aperti i procedimenti penali. La storica testata indipendente Tut.by è stata privata della licenza. Tutto questo solo perché i giornalisti stavano facendo il loro lavoro: raccontavano i fatti che ho citato.

Il destino del Paese rimane sempre e comunque nelle mani del popolo. Ma anche da fuori possiamo contribuire con la nostra solidarietà e con le azioni concrete: la diffusione di informazione e partecipazione alle iniziative di aiuti umanitari destinati alle vittime delle repressioni. Soprattutto è importante continuare a parlare di quello che sta accadendo, perché è più difficile commettere i reati alla luce del sole.

La proposta di ricoprire l’incarico del presidente della sezione Trentino Alto Adige è arrivata a sorpresa, ma allo stesso tempo nel momento giusto. Sono onorata e felice di accettarla. Ringrazio Articolo 21 per la fiducia e per questa ottima opportunità di fare da cassa di risonanza al mio popolo e dare la voce a chi non ce l’ha.

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Ungp: al via l’indagine sul futuro della professione

L’organismo sindacale di base della Fnsi ha deciso di promuovere un sondaggio fra le giornaliste e i giornalisti in pensione per far conoscere l’attività dell’Unione, raccogliere suggerimenti, sollecitare collaborazione. Nella convinzione che «fare di più, meglio, insieme, si può, si deve», spiegano Comitato esecutivo e Consiglio nazionale.

L’Unione nazionale giornalisti pensionati (Ungp) avvia un sondaggio rivolto a tutte le colleghe e i colleghi in quiescenza, iscritti o meno al sindacato, per far conoscere l’attività dell’Unione, raccogliere suggerimenti, sollecitare collaborazione e stimolare l’adesione al sindacato. «I vostri pareri, qualunque sia la decisione che prenderete in merito a quest’ultimo obiettivo, ci saranno utili per adeguare i nostri programmi alla nuova realtà della categoria», si legge sul sito web dell’organismo sindacale di base.

Il questionario, proposto dalla consigliera Patrizia Disnan, componente del Comitato esecutivo nazionale dell’Ungp, è stato definito grazie alla collaborazione della professoressa Laura Rizzi, docente di Econometria presso il Dipartimento di scienze economiche e statistiche dell’Università degli studi di Udine, che assisterà l’Unione pensionati sotto il profilo tecnico nella fase di raccolta e analisi dei dati.

La compilazione del questionario richiede pochi minuti. Il sistema informatico consentirà a chi avrà compilato, anche in forma anonima, il questionario di metterlo direttamente a disposizione del Dipartimento universitario che curerà l’elaborazione dei dati.

«Se l’iniziativa avrà il successo che ci auguriamo, la stessa modalità di consultazione potrà essere utilizzata per sollecitare pareri, opinioni e proposte delle pensionate e dei pensionati, iscritti o meno al sindacato, sui temi che più da vicino ci riguardano come giornalisti in quiescenza e più in generale come componenti di una categoria professionale che rivendica una propria autonomia e soggettività sociale», auspicano Comitato esecutivo e Consiglio nazionale Ungp.

«Siamo consapevoli – aggiungono – delle difficoltà che in questi mesi la nostra categoria sta attraversando, di cui la crisi dell’Inpgi è una conseguenza. I diritti dei lavoratori sono stati erosi, il sindacato è sotto attacco, il precariato dilaga, l’emorragia dei posti di lavoro non si ferma. C’è bisogno di progetti innovativi, che partano dalla base e si avvalgano dell’apporto di tutti. Servono iniziativa e partecipazione. Noi pensionati mettiamo in cima alle priorità il futuro della professione e il destino dei giovani colleghi e colleghe, in un’ottica di collaborazione fra le generazioni. Fare di più, meglio, insieme, si può, si deve. Siamo tanti, noi pensionati, ancora molto giovani per effetto dei prepensionamenti.

Rappresentiamo una forza da mettere in gioco, una nuova leva a disposizione di tutti, e per questo abbiamo bisogno delle indicazioni dei nostri colleghi».

PER APPROFONDIRE
Il ‘Questionario Ungp per il futuro della professione’ è disponibile a questo link.

(Fonte: FNSI)

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Papa Francesco ai giornalisti in occasione di San Francesco di Sales

(* di Papa Francesco)

L’invito a “venire e vedere”, che accompagna i primi emozionanti incontri di Gesù con i discepoli, è anche il metodo di ogni autentica comunicazione umana. Per poter raccontare la verità della vita che si fa storia (cfr. Messaggio per la 54ª Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, 24 gennaio 2020) è necessario uscire dalla comoda presunzione del “già saputo” e mettersi in movimento, andare a vedere, stare con le persone, ascoltarle, raccogliere le suggestioni della realtà, che sempre ci sorprenderà in qualche suo aspetto. «Apri con stupore gli occhi a ciò che vedrai, e lascia le tue mani riempirsi della freschezza della linfa, in modo che gli altri, quando ti leggeranno, toccheranno con mano il miracolo palpitante della vita», consigliava il Beato Manuel Lozano Garrido [1] ai suoi colleghi giornalisti.

Desidero quindi dedicare il messaggio, quest’anno, alla chiamata a “venire e vedere”, come suggerimento per ogni espressione comunicativa che voglia essere limpida e onesta: nella redazione di un giornale come nel mondo del web, nella predicazione ordinaria della Chiesa come nella comunicazione politica o sociale. “Vieni e vedi” è il modo con cui la fede cristiana si è comunicata, a partire da quei primi incontri sulle rive del fiume Giordano e del lago di Galilea.

Consumare le suole delle scarpe

Pensiamo al grande tema dell’informazione. Voci attente lamentano da tempo il rischio di un appiattimento in “giornali fotocopia” o in notiziari tv e radio e siti web sostanzialmente uguali, dove il genere dell’inchiesta e del reportage perdono spazio e qualità a vantaggio di una informazione preconfezionata, “di palazzo”, autoreferenziale, che sempre meno riesce a intercettare la verità delle cose e la vita concreta delle persone, e non sa più cogliere né i fenomeni sociali più gravi né le energie positive che si sprigionano dalla base della società. La crisi dell’editoria rischia di portare a un’informazione costruita nelle redazioni, davanti al computer, ai terminali delle agenzie, sulle reti sociali, senza mai uscire per strada, senza più “consumare le suole delle scarpe”, senza incontrare persone per cercare storie o verificare de visu certe situazioni. Se non ci apriamo all’incontro, rimaniamo spettatori esterni, nonostante le innovazioni tecnologiche che hanno la capacità di metterci davanti a una realtà aumentata nella quale ci sembra di essere immersi. Ogni strumento è utile e prezioso solo se ci spinge ad andare e vedere cose che altrimenti non sapremmo, se mette in rete conoscenze che altrimenti non circolerebbero, se permette incontri che altrimenti non avverrebbero.

Quei dettagli di cronaca nel Vangelo

Ai primi discepoli che vogliono conoscerlo, dopo il battesimo nel fiume Giordano, Gesù risponde: «Venite e vedrete» (Gv 1,39), invitandoli ad abitare la relazione con Lui. Oltre mezzo secolo dopo, quando Giovanni, molto anziano, redige il suo Vangelo, ricorda alcuni dettagli “di cronaca” che rivelano la sua presenza nel luogo e l’impatto che quell’esperienza ha avuto nella sua vita: «Era circa l’ora decima», annota, cioè le quattro del pomeriggio (cfr v. 39). Il giorno dopo – racconta ancora Giovanni – Filippo comunica a Natanaele l’incontro con il Messia. Il suo amico è scettico: «Da Nazaret può venire qualcosa di buono?». Filippo non cerca di convincerlo con ragionamenti: «Vieni e vedi», gli dice (cfr vv. 45-46). Natanaele va e vede, e da quel momento la sua vita cambia. La fede cristiana inizia così. E si comunica così: come una conoscenza diretta, nata dall’esperienza, non per sentito dire. «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito», dice la gente alla Samaritana, dopo che Gesù si era fermato nel loro villaggio (cfr Gv 4,39-42). Il “vieni e vedi” è il metodo più semplice per conoscere una realtà. È la verifica più onesta di ogni annuncio, perché per conoscere bisogna incontrare, permettere che colui che ho di fronte mi parli, lasciare che la sua testimonianza mi raggiunga.

Grazie al coraggio di tanti giornalisti

Anche il giornalismo, come racconto della realtà, richiede la capacità di andare laddove nessuno va: un muoversi e un desiderio di vedere. Una curiosità, un’apertura, una passione. Dobbiamo dire grazie al coraggio e all’impegno di tanti professionisti –  giornalisti, cineoperatori, montatori, registi che spesso lavorano correndo grandi rischi – se oggi conosciamo, ad esempio, la condizione difficile delle minoranze perseguitate in varie parti del mondo; se molti soprusi e ingiustizie contro i poveri e contro il creato sono stati denunciati; se tante guerre dimenticate sono state raccontate. Sarebbe una perdita non solo per l’informazione, ma per tutta la società e per la democrazia se queste voci venissero meno: un impoverimento per la nostra umanità.

Numerose realtà del pianeta, ancor più in questo tempo di pandemia, rivolgono al mondo della comunicazione l’invito a “venire e vedere”. C’è il rischio di raccontare la pandemia, e così ogni crisi, solo con gli occhi del mondo più ricco, di tenere una “doppia contabilità”. Pensiamo alla questione dei vaccini, come delle cure mediche in genere, al rischio di esclusione delle popolazioni più indigenti. Chi ci racconterà l’attesa di guarigione nei villaggi più poveri dell’Asia, dell’America Latina e dell’Africa? Così le differenze sociali ed economiche a livello planetario rischiano di segnare l’ordine della distribuzione dei vaccini anti-Covid. Con i poveri sempre ultimi e il diritto alla salute per tutti, affermato in linea di principio, svuotato della sua reale valenza. Ma anche nel mondo dei più fortunati il dramma sociale delle famiglie scivolate rapidamente nella povertà resta in gran parte nascosto: feriscono e non fanno troppa notizia le persone che, vincendo la vergogna, fanno la fila davanti ai centri Caritas per ricevere un pacco di viveri.

Opportunità e insidie nel web

La rete, con le sue innumerevoli espressioni social, può moltiplicare la capacità di racconto e di condivisione: tanti occhi in più aperti sul mondo, un flusso continuo di immagini e testimonianze. La tecnologia digitale ci dà la possibilità di una informazione di prima mano e tempestiva, a volte molto utile: pensiamo a certe emergenze in occasione delle quali le prime notizie e anche le prime comunicazioni di servizio alle popolazioni viaggiano proprio sul web. È uno strumento formidabile, che ci responsabilizza tutti come utenti e come fruitori. Potenzialmente tutti possiamo diventare testimoni di eventi che altrimenti sarebbero trascurati dai media tradizionali, dare un nostro contributo civile, far emergere più storie, anche positive. Grazie alla rete abbiamo la possibilità di raccontare ciò che vediamo, ciò che accade sotto i nostri occhi, di condividere testimonianze.

Ma sono diventati evidenti a tutti, ormai, anche i rischi di una comunicazione social priva di verifiche. Abbiamo appreso già da tempo come le notizie e persino le immagini siano facilmente manipolabili, per mille motivi, a volte anche solo per banale narcisismo. Tale consapevolezza critica spinge non a demonizzare lo strumento, ma a una maggiore capacità di discernimento e a un più maturo senso di responsabilità, sia quando si diffondono sia quando si ricevono contenuti. Tutti siamo responsabili della comunicazione che facciamo, delle informazioni che diamo, del controllo che insieme possiamo esercitare sulle notizie false, smascherandole. Tutti siamo chiamati a essere testimoni della verità: ad andare, vedere e condividere.

Nulla sostituisce il vedere di persona

Nella comunicazione nulla può mai completamente sostituire il vedere di persona. Alcune cose si possono imparare solo facendone esperienza. Non si comunica, infatti, solo con le parole, ma con gli occhi, con il tono della voce, con i gesti. La forte attrattiva di Gesù su chi lo incontrava dipendeva dalla verità della sua predicazione, ma l’efficacia di ciò che diceva era inscindibile dal suo sguardo, dai suoi atteggiamenti e persino dai suoi silenzi. I discepoli non solamente ascoltavano le sue parole, lo guardavano parlare. Infatti in Lui – il Logos incarnato – la Parola si è fatta Volto, il Dio invisibile si è lasciato vedere, sentire e toccare, come scrive lo stesso Giovanni (cfr 1 Gv 1,1-3). La parola è efficace solo se si “vede”, solo se ti coinvolge in un’esperienza, in un dialogo. Per questo motivo il “vieni e vedi” era ed è essenziale.

Pensiamo a quanta eloquenza vuota abbonda anche nel nostro tempo, in ogni ambito della vita pubblica, nel commercio come nella politica. «Sa parlare all’infinito e non dir nulla. Le sue ragioni sono due chicchi di frumento in due staia di pula. Si deve cercare tutto il giorno per trovarli e, quando si son trovati, non valgono la pena della ricerca».[2] Le sferzanti parole del drammaturgo inglese valgono anche per noi comunicatori cristiani. La buona novella del Vangelo si è diffusa nel mondo grazie a incontri da persona a persona, da cuore a cuore. Uomini e donne che hanno accettato lo stesso invito: “Vieni e vedi”, e sono rimaste colpite da un “di più” di umanità che traspariva nello sguardo, nella parola e nei gesti di persone che testimoniavano Gesù Cristo. Tutti gli strumenti sono importanti, e quel grande comunicatore che si chiamava Paolo di Tarso si sarebbe certamente servito della posta elettronica e dei messaggi social; ma furono la sua fede, la sua speranza e la sua carità a impressionare i contemporanei che lo sentirono predicare ed ebbero la fortuna di passare del tempo con lui, di vederlo durante un’assemblea o in un colloquio individuale. Verificavano, vedendolo in azione nei luoghi dove si trovava, quanto vero e fruttuoso per la vita fosse l’annuncio di salvezza di cui era per grazia di Dio portatore. E anche laddove questo collaboratore di Dio non poteva essere incontrato in persona, il suo modo di vivere in Cristo era testimoniato dai discepoli che inviava (cfr 1 Cor 4,17).

«Nelle nostre mani ci sono i libri, nei nostri occhi i fatti», affermava Sant’Agostino, [3] esortando a riscontrare nella realtà il verificarsi delle profezie presenti nelle Sacre Scritture. Così il Vangelo riaccade oggi, ogni qual volta riceviamo la testimonianza limpida di persone la cui vita è stata cambiata dall’incontro con Gesù. Da più di duemila anni è una catena di incontri a comunicare il fascino dell’avventura cristiana. La sfida che ci attende è dunque quella di comunicare incontrando le persone dove e come sono.

Il grazie del segretario FNSI Raffaele Lorusso a Papa Francesco

Il messaggio di Papa Francesco per la 55esima giornata delle Comunicazioni sociali è un monito e un invito per i giornalisti, gli editori e gli operatori dell’informazione. In tempo di pandemia, con redazioni sempre più vuote e cronisti in molti casi costretti a restare a distanza dai fatti e dagli stessi luoghi di lavoro, il richiamo alla necessità di tornare all’essenza del giornalismo, che è testimonianza e racconto, ricerca e verifica attenta e scrupolosa, non può e non deve cadere nel vuoto. Occorre riscoprire il giornalismo di inchiesta, tornare a fare informazione sul campo e, come ricorda il Papa, a consumare le suole delle scarpe, valorizzando il lavoro dentro e fuori le redazioni. Il precariato dilagante non può essere l’architrave di un nuovo modello produttivo, come pretendono alcuni editori, ma è soltanto un formidabile acceleratore della definitiva disgregazione del sistema dei media perché spiana sempre più la strada alla prevalenza delle fake news e della narrazione di comodo sulla realtà e sulla verità dei fatti. Non è difficile immaginare quali saranno, nel medio e lungo periodo, le conseguenze destabilizzanti di questo modello per l’opinione pubblica, la tenuta delle istituzioni e la qualità della democrazia.

Vescovo Lauro ai giornalisti in occasione del loro patrono San Francesco di Sales (24 gennaio): “Abitate le parole e state aderenti al dato di realtà. Da artigiani della comunione e dell’incontro date voce ai volti sofferenti di quest’ora”. Solidarietà ai giornalisti del Trentino

“Penso che in questo momento il compito del giornalismo sia anzitutto abitare le parole, far sì che siano aderenti al dato di realtà; c’è il rischio anche per i giornalisti di finire in una narrazione da fake-news, dove il dato di concretezza e di realtà viene meno”. È un passaggio del videomessaggio del vescovo Lauro a tutti i giornalisti (cominciando dai giornalisti cattolici dell’UCSI), in occasione della festa del loro patrono, San Francesco di Sales in calendario domani, domenica 24 gennaio. In occasione della ricorrenza viene diffuso, da tradizione, anche il Messaggio di Papa Francesco per la prossima Giornata delle Comunicazioni sociali (maggio 2021), quest’anno dal titolo “Vieni e vedi”.  “Nel Vangelo – argomenta monsignor Tisi – Gesù ci invita all’autenticità, a un parlare schietto: ‘Il vostro parlare sia sì-sì no-no’. Credo ci sia urgenza, nel comunicare, di andare in questa linea del “sì-sì, no-no”, perché purtroppo vediamo attorno a noi tanta disinformazione. A voi artigiani della comunione e dell’incontro auguro di abitare le parole e stare aderenti al dato di realtà, e in questo tempo di pandemia dare voce ai volti sofferenti di quest’ora: da quello dei malati, a quello di chi conosce la perdita del lavoro a quello di chi all’interno della dinamica sociale fa l’esperienza della solitudine. E date voce ai giovani, i veri dimenticati e silenziati di quest’ora a cui non è data parola e possibilità di esprimersi”. In occasione della ricorrenza viene diffuso, da tradizione, anche il Messaggio di Papa Francesco per la prossima Giornata delle Comunicazioni sociali (maggio 2021), quest’anno dal titolo “Vieni e vedi”.  “Nel Vangelo – argomenta monsignor Tisi – Gesù ci invita all’autenticità, a un parlare schietto: ‘Il vostro parlare sia sì-sì no-no’. Credo ci sia urgenza, nel comunicare, di andare in questa linea del “sì-sì, no-no”, perché purtroppo vediamo attorno a noi tanta disinformazione. A voi artigiani della comunione e dell’incontro auguro di abitare le parole e stare aderenti al dato di realtà, e in questo tempo di pandemia dare voce ai volti sofferenti di quest’ora: da quello dei malati, a quello di chi conosce la perdita del lavoro a quello di chi all’interno della dinamica sociale fa l’esperienza della solitudine. E date voce ai giovani, i veri dimenticati e silenziati di quest’ora a cui non è data parola e possibilità di esprimersi”. Un pensiero, infine, in un quadro di grande incertezza per il mondo dell’editoria, monsignor Tisi lo riserva anche “agli amici giornalisti del Trentino, in questo momento così forte di difficoltà. Cerchiamo – sottolinea – di essere solidali con loro e con le loro famiglie”.   

(Foto di copertina: Papa Francesco, Gabriel Andrés Trujillo Escobedo, Wikimedia)

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Chiusura ‘TRENTINO’, Bert: «Si riduce il pluralismo culturale e politico».

Prima Pagina è un programma radiofonico in onda su Rai Radio 3 tutte le mattine dalle 7.15 alle 8.45, che propone la rassegna quotidiana dei giornali: trenta minuti di lettura da parte di giornalisti di diverse testate che si avvicendano al microfono in turni settimanali. Il primo a condurre il programma fu Ruggero Orlando. Dopo meno di sette mesi, nell’ottobre del 1976 – condotta nella sua prima settimana da Eugenio Scalfari – Prima Pagina si arricchisce di Filo Diretto, una novità importante: gli ascoltatori intervengono per commentare e fare domande sugli argomenti più interessanti della giornata. Nella puntata del 16 gennaio scorso condotta da Lidia Baratta, giornalista del quotidiano Linkiesta, dove si occupa soprattutto di lavoro ed economia, ha risposto ad una telefonata di Silvano Bert di Trento. Il suo intervento verteva sulla decisione di chiudere il giornale Trentino uscito per l’ultima volta nelle edicole sabato scorso con il titolo : «Addio cari lettori, domani non saremo più in edicola», un quotidiano fondato nel 1945 con il congedo del suo direttore responsabile Paolo Mantovan: «Il Trentino è stato un pezzo importante di democrazia, un luogo in cui la comunità si è misurata e costruita. Perdere una voce in un momento in cui la democrazia conosce capitoli come quello del Campidoglio a Washington, dove, graffiato sulle pareti durante l’invasione del 6 gennaio, si leggeva “murder the media” (“uccidi il giornalismo”), perdere una voce è un grave rischio per tutti».

Silvano Bert (è stato professore di letteratura italiana e storia all’Istituto Tecnico Industriale “Buonarroti” di Trento dal 1969 al 2002) ha esordito con voce mesta nel suo appassionato commento, leggendo il titolo di commiato scelto dal giornale, l’incipit di una lunga riflessione sulla chiusura del quotidiano (su decisione della società editrice proprietaria che messo in cassa integrazione a zero ore tutti i 19 giornalisti). «Un giornale storico nato come organo del comitato di liberazione nazionale (in origine si chiamava Alto Adige e dal Duemila mutuato in Trentino, ndr) che ha concluso così la sua storia. La mia solidarietà alla redazione chiusa dalla sera alla mattina – ha detto Silvano Bert (è stato un collaboratore storico del Trentino e di altre testate giornalistiche come l’Adige e QT, una figlia giornalista Chiara Bert moglie dell’attuale sindaco di Trento Franco Ianeselli, ndr), e quando chiude un giornale si riduce il pluralismo culturale politico e c’è una ragione profonda. Parlo da insegnante (la sua esperienza a scuola l’ha riportata pubblicando “L’aula e la città”, ndr) e mi rendo conto che l’analfabetismo funzionale in Italia è ancora diffuso e quindi la parola da leggere e da scrivere è più difficile della parola da vedere. Io sono stato costretto a portare i giornali in classe quando ho iniziato ad insegnare 50 anni fa nel fuoco del ‘68. Erano gli studenti che volevano il giornale in classe e io ho dovuto imparare con loro come è fatto un giornale, perché all’università avevo imparato la lingua della letteratura e non il pluralismo linguistico. Abbiamo imparato sul giornale che la lingua della cronaca non è quella del commento, la lingua di un corsivo non è quello della lettera, la distinzione tra un titolo caldo e un titolo freddo. A scuola con il giornale in mano, confrontando il Trentino, con l’altro quotidiano che è l’Adige per una provincia fortunata come è la nostra avere tre quotidiani (il terzo è il Corriere del Trentino, dorso del Corriere della Sera, ndr) in un territorio così piccolo. Io ho imparato così il pluralismo linguistico insieme ai miei studenti. Poi gradualmente la politica si è ridotta ai politici e i cittadini ridotti a spettatori passivi che assistono muti ad uno spettacolo su un palcoscenico. Non ho mai condiviso proprio la parola casta se pur inventata da prestigiosi giornalisti. »

«Con Alberto Faustini (attuale direttore dei quotidiani Alto Adige e Adige, ndr) , Paolo Mantovan (l’ex direttore del Trentino, ndr) e la stessa Chiara (la figlia giornalista, ndr), entrai in polemica, dura, nel 2011: mi rifiutai di partecipare alla raccolta di firme contro la “casta”. A me parve un cedimento all’antipolitica. Da un giornale mi aspettavo, e mi aspetto, uno sguardo critico, ma costruttivo, sulla politica. Non mi accontento dei racconti brillanti sulle mosse e le manovre dei leaders, ma una sollecitazione all’impegno collettivo. “Siamo noi la politica”- scrive Silvano Bert sul suo profilo facebook, commentando la chiusura del quotidiano-, e proseguendo nel suo intervento a Prima Pagina su Radio Rai 3 si è addentrato in un’analisi sulle cause della crisi dell’editoria e la scomparsa dei giornali quotidiani: «È difficile dire se sono i mezzi telematici e informatici che hanno cambiato la concezione della politica o se anche i giornali hanno dovuto adeguarsi, prigionieri di questo cambiamento. Le chiedo (rivolgendosi alla conduttrice Lidia Baratta, ndr) quanti articoli sono pubblicati sui giornali di oggi si concludono dove il cittadino che legge si sente impegnato a partecipare perché la politica è cosa sua. Io credo che questa sia la sfida a cui la società italiana è chiamata anche di fronte alla chiusura di un giornale di carta».

Un sentimento di profonda amarezza risuonava nelle sue parole; a dimostrazione di una coerenza e onestà intellettuale che riconosce il valore di un giornalismo in grado di trasmettere ai lettori la possibilità di suscitare uno spirito critico come poi ha commentato Lidia Baratta nel rispondere: «La ringrazio per questo suo appassionato intervento e per il risalto che da al valore del giornalismo e di farlo conoscere in classe, perché leggere solo il libro di testo è un’operazione fin troppo facile e limitante per la formazione, mentre i giornali permettono di aprire tutte le scuole verso il mondo, verso le diverse inclinazioni di pensiero e la chiusura di un giornale è sempre una grave perdita. Ai colleghi del Trentino va tutta la mia solidarietà – ha concluso la giornalista conduttrice del Filo diretto di Prima Pagina -.

Raggiunto al telefono Silvano Bert gli abbiamo chiesto di approfondire quanto detto alla Rai: «Il primo livello del mio discorso toccava il problema della riduzione di una voce (la chiusura del quotidiano Il Trentino, ndr) e del pluralismo, una perdita che paga l’intera società. Io in radio ho parlato da insegnante e di cosa è stato il giornale per me quando insegnavo. Un fondamentale strumento di formazione linguistica. Il linguaggio letterario non deve più detenere il monopolio dell’istruzione linguistica. I miei studenti quando mi incontrano mi ricordano di essere stato il loro “insegnante dei giornali”. Bisogna imparare che ci sono dei linguaggi diversi e quello del giornale è uno strumento particolarmente prezioso perché il pluralismo culturale è contenuto in sé. Vengono messe in moto forme di intelligenza diverse e il giornale è fonte di maturazione e formazione. Nella mia carriera di insegnante ho utilizzato spesso anche le puntate radiofoniche della Rai di Prima Pagina. Registravo a casa e i brani che mi interessavano di più li facevo ascoltare in classe per poi discuterne. Avevo proposto anche un progetto “Prima Pagina in cattedra” rivolto agli insegnanti nell’utilizzare le puntate di Prima Pagina che vanno in onda ogni giorno. Io ho pubblicato un editoriale che ne parla sul sito www.viandanti.org dal titolo “Cittadinanza e scuola. Pensiero di un anziano insegnante ” » – in cui scrive – “Ogni giorno. Qual è la notizia più importante per il conduttore? Io sono d’accordo o scelgo un’altra notizia? Il Coronavirus è ancora notizia? E di scuola scrivono oggi i giornali? A questi due temi i giornali dedicano uno spazio adeguato, insufficiente, eccessivo? A Filo diretto qual è la telefonata più interessante degli ascoltatori? Sul giornale nazionale che oggi leggo, la notizia di apertura, la più importante [in prima pagina, titolo in alto, a caratteri grandi] è la stessa scelta dal conduttore alla radio? Il titolo è freddo, informa sul fatto, o è caldo, prende posizione a favore o contro? Se oggi ho scelto un giornale locale (solo in Trentino sono tre, il Trentino, l’Adige, il Corriere del Trentino: lo considero positivo o negativo?)la notizia di apertura è certo diversa dal quotidiano nazionale: qual è la mia impressione?”.

Nella conversazione telefonica spiega anche che «quello che è accaduto negli ultimo decenni ha messo in crisi il monopolio dell’informazione ma il giornale da leggere, da scrivere è uno strumento di educazione formidabile con il superamento del monopolio del linguaggio letterario. Leggere sull’informazione della politica è molto più impegnativo mentre sugli altri mezzi telematici prevale un’informazione come spettacolo (la disinformazione di molti programmi televisivi basati sullo scontro tra politici ha preso il sopravvento anche nei media, ndr). Anche ai giornali della carta stampata è venuto il desiderio di scendere sul terreno dello spettacolo ma la politica siamo noi e ci dobbiamo impegnare direttamente partecipando attivamente nella società. Vedere un giornale che muore è un colpo al cuore».

Rocco Cerone segretario del Sindacato giornalisti del Trentino Alto Adige scrive su Articolo 21, riguardo la chiusura: «Decisione che disattende l’impegno sottoscritto due mesi fa dall’azienda che, in concomitanza con l’annuncio della fusione per incorporazione di SETA SPA in SIE SPA del 18 novembre 2020, dichiarava che si sarebbe impegnata a presentare entro il mese di gennaio 2021, per ogni giornale del gruppo, un nuovo piano editoriale per il mantenimento dell’autonomia delle testate e per il rilancio delle stesse sul mercato e che, dall’operazione aziendale, non si sarebbero avute ricadute occupazionali eccedenti al numero degli esuberi già individuati dall’azienda nell’ultimo anno». Una pagina triste per l’informazione.

(Fonte: Articolo21)

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Il sindaco di Trento ringrazia i giornalisti, ricordando Agitu

Ianeselli durante incontro con Keller (Odg) e Cerone (Sjg): “L’informazione fondamentale strumento di controllo del potere”

“L’informazione continua ad essere fondamentale. Nonostante la disintermediazione garantita dai social, che ti consentono di avere un rapporto diretto con i cittadini, resta indispensabile il ruolo di chi controlla il potere, indagando e facendo domande. Per questo ringrazio i giornalisti per il loro lavoro, essenziale sia a livello nazionale e internazionale, sia a livello locale, tanto più in questo periodo di pandemia”.

Proprio a causa del Covid, non c’è stato quest’anno il tradizionale scambio di auguri tra la Giunta comunale e i giornalisti. Ma il sindaco Franco Ianeselli ha voluto comunque ringraziare la categoria, autorevolmente rappresentata stamattina alla conferenza stampa di fine anno dal presidente dell’ordine dei giornalisti regionale Mauro Keller e dal segretario del Sindaco dei giornlisti del Trentino Alto Adige Rocco Cerone. Dopo aver augurato al sindaco di “intrattenere sempre buoni rapporti con la stampa”, Keller ha sottolineato come “la trasparenza debba passare sempre attraverso le domande dei giornalisti: e le domande bisogna continuare a farle finché non si ottiene risposta”.

A proposito dell’intermediazione che spesso “dà fastidio”, Cerone ha ricordato i 50 giornalisti uccisi nel 2020 (dati di Reporters sans frontières), anticipando che “in occasione della giornata mondiale della libertà di stampa, il 3 maggio, Trento, città del Concilio, ospiterà un evento sul tema”. Del resto, come ha ricordato il sindaco, da sempre città dei diritti umani, Trento si è già messa a disposizione per “ospitare i giornalisti minacciati per il loro lavoro e per le loro inchieste”.

Il breve momento di riflessione sul ruolo dell’informazione si è concluso con un ricordo di Agitu Ideo Gudeta, l’imprenditrice di origine etiope uccisa ieri nella sua casa di Frassilongo. “Poco fa, a nome di tutta la Giunta, ho deposto una corona di fiori davanti al negozio di Agitu a Trento. L’ho incontrata più volte in passato, l’ultima in campagna elettorale in piazza Santa Maria Maggiore. Ricordo che ci siamo incoraggiati a vicenda. E quando ieri sera, durante il Consiglio comunale, il presidente Piccoli ci ha dato la notizia della sua morte, nessuno più riusciva a parlare”, ha concluso Ianeselli.

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‘Non fermiamo questa voce’, l’11 e il 14 dicembre iniziative in ricordo di Antonio Megalizzi

In occasione dell’anniversario dell’attentato a Strasburgo dell’11 dicembre 2018 e della scomparsa di Antonio Megalizzi, il 14 dicembre, la Fondazione Antonio Megalizzi presenta le iniziative per ricordare Antonio e tenere viva la sua memoria. La maratona radiofonica Non fermiamo questa voce l’11, l’iniziativa sui social #antonioperme e la proiezione dell’immagine di Antonio in piazza Duomo a Trento il 14. «Insieme a RadUni, il circuito delle radio universitarie italiane, ed Europhonica, il format radiofonico dedicato all’Unione europea, la Fondazione – spiega una nota – si unisce alla maratona radiofonica ‘Non Fermiamo Questa Voce’ in diretta sulle emittenti del circuito RadUni per tutto l’arco della giornata dell’11 dicembre. L’intento della maratona è quello di onorare il ricordo delle vittime dell’attentato di Strasburgo avvenuto ai mercatini di Natale l’11 dicembre 2018, in cui hanno perso la vita Antonio Megalizzi e il collega Bartosz Orent-Niedzielski».

Nella maratona saranno raccolti i contributi e alcune delle dirette realizzate da Antonio Megalizzi durante il suo lavoro a Europhonica, il format nato nel 2015 dalla collaborazione di diverse radio universitarie in Europa con lo scopo di raccontare le attività del Parlamento europeo e approfondire le tematiche di attualità politica, economica e culturale europea.

Si potrà anche ascoltare ‘Cielo d’Acciaio’, il racconto di Antonio Megalizzi registrato nel 2019 dai suoi colleghi e dalle sue colleghe della redazione italiana di Europhonica, e alcuni contributi su tematiche care ad Antonio, come la comunicazione, il giornalismo e la politica europea, realizzati da chi fin dall’inizio supporta la Fondazione, in primis gli enti che ne fanno parte.

Il 14 dicembre, inoltre, il Comune di Trento proietterà sulla Torre Civica in piazza Duomo a Trento l’immagine di Antonio realizzata da Mauro Biani. La Fondazione Antonio Megalizzi inviterà sui canali social a pubblicare un’immagine, un ricordo o un pensiero su Antonio con l’hashtag #antonioperme per poter condividere insieme la giornata.

PER APPROFONDIRE
Tutte le informazioni sulle iniziative in programma sono disponibili sul sito web della Fondazione Antonio Megalizzi.



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Cordoglio di SjG, Ungp e Assostampa per la scomparsa di Gianni Faustini

Il Sindacato dei Giornalisti del Trentino Alto Adige esprime il più profondo cordoglio per la scomparsa di Gianni Faustini e si stringe attorno al figlio Alberto, giornalista anch’egli e direttore di Alto Adige e l’Adige, ed alla sua famiglia.

Desideriamo ricordare nella sua vita spesa nella professione giornalistica sempre ai massimi livelli – in RAI, Alto Adige, l’Adige – il suo impegno nell’adozione della prima carta deontologica dei doveri giornalisti nel 1993, che introdusse nella sua veste di presidente dell’Ordine Nazionale dei Giornalisti. 

Se ne va una delle più eminenti figure della professione giornalistica del Trentino Alto Adige e nazionale.

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Non è solo il Trentino ma tutto il Paese che con la scomparsa di Gianni Faustini perde un esempio di serietà, umanità e integrità giornalistica. 

Giornalista professionista iscritto all’Ordine del Trentino Alto Adige dal 1962, Faustini era laureato in Storia contemporanea a Pavia. Nel corso della vita ha diretto il quotidiano “Alto Adige” e successivamente “L’Adige. È stato (nel 1972) il primo presidente dell’Ordine dei giornalisti del Trentino Alto Adige e poi segretario dell’Ordine nazionale e dal novembre 1991 presidente fino al 1995. Instancabile nei consigli e anche nei dettami della deontologia giornalistica (la Carta dei doveri del giornalista fu approvata quando lui era presidente del Consiglio Nazionale) perchè alta era la sua visione della funzione della stampa all’interno di una democrazia. Il Trentino perde uno dei testimoni più attenti e critici del panorama giornalistico e un figlio affettuoso di questa terra. Assostampa Trentina si unisce al cordoglio della famiglia. 

Assostampa Trentina

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Trento, città inclusiva e della libertà di stampa

(*di Rocco Cerone, Lorenzo Basso, Roberto Rinaldi)

Ad inizio maggio 2021 la città di Trento ospiterà la seconda giornata internazionale sulla libertà di stampa, un evento inclusivo che si propone di accedere un faro sui cronisti minacciati in Italia e nel mondo. L’iniziativa è nata da un colloquio tra il presidente della Federazione nazionale della stampa italiana Giuseppe Giulietti, il segretario del Sindacato dei giornalisti del Trentino Alto Adige Rocco Cerone, il vicesegretario Lorenzo Basso e il sindaco di Trento Franco Ianeselli a fine settimana a Trento.

Alla base della proposta – nel solco della manifestazione organizzata il 2 maggio 2019, alla quale hanno preso parte delegazioni delle associazioni di stampa provenienti da tutto il Paese – vi è la condivisione del principio secondo cui la libertà di espressione è il fondamento della democrazia, e che le istituzioni pubbliche di un paese democratico sono chiamate a difendere chi fa informazione e chi si trova minacciato per aver illuminato fatti di pubblico interesse. Evento che seguiva di tre mesi il XXVIII congresso della FNSI di Levico, in Trentino.

L’idea avanzata dal sindaco, già segretario della Cgil del Trentino, è quella di recuperare una prassi propria dei sindacati confederali, che da decenni sono impegnati nella tutela di chi si occupa di rappresentare i lavoratori nei luoghi più pericolosi del mondo, ospitando lavoratori e sindacalisti minacciati. Allo stesso modo, ha proposto di rendere la città di Trento un luogo accogliente per i cronisti minacciati nel nostro Paese, in Europa e a livello internazionale, creando un porto sicuro dove rigenerarsi e intessere relazioni con i professionisti locali e con le scuole, per rendere il loro esempio un modello per le nuove generazioni.

Incontro che si è svolto su impulso del presidente della FNSI Giuseppe Giulietti, all’indomani della manifestazione nazionale “Il Trentino per i diritti umani” ospitata proprio a Trento dal 19 al 21 novembre 2020.

«Vogliamo essere la città che ospita ed accoglie giornalisti minacciati, per coniugare la difesa dei diritti umani con l’ospitalità», ha detto Ianeselli, nel corso dell’incontro, durante il quale si è parlato della volontà di trovare nuove strade per mettere al centro la libertà di informazione, senza dimenticare tuttavia il percorso avviato da altre realtà italiane. «Intendiamo offrire – ha infatti precisato il primo cittadino di Trento – la possibilità di un ristoro temporaneo nella nostra città da situazioni critiche o a rischio per giornalisti che hanno illuminato o portato a conoscenza fatti di interesse pubblico a livello nazionale e internazionale».

Il quarantaduenne neosindaco della Città che ha dato i natali a Chiara Lubich, ha voluto in questo modo sottolineare e ricordare la tradizione inclusiva di accoglienza, di laboratorio sociale che ha caratterizzato Trento ed il Trentino dal secondo dopoguerra.

Come più volte precisato, sia dal presidente Giulietti, sia dal segretario Cerone, la proposta dovrà essere aperta, plurale ed inclusiva e non volta a sostituirsi o essere in competizione ad iniziative già avviate con successo in altre realtà italiane. Al riguardo, non solo sono state menzionate le esperienze avviate a Napoli dal festival “Imbavagliati”, a Ronchi dei Legionari dall’associazione culturale Leali delle notizie, ed il monumento per la libertà di stampa di Conselice, ma si è anche deciso di rendere queste realtà parte integrante dell’evento che si terrà a Trento, in modo tale da creare una rete di iniziative virtuose, in vista di un vero e proprio gemellaggio tra manifestazioni unite da un ideale comune, con il coinvolgimento anche della Federazione Europea dei Giornalisti.

Con la nuova amministrazione comunale di Trento – ha sottolineato il presidente Giulietti – è stato riscontrato un terreno fertile per potere gettare le basi di una proficua collaborazione con il mondo del giornalismo più avvertito e di frontiera in collaborazione con le scuole, dove – nell’auspicio del sindaco Ianeselli – si possano portare delle testimonianze dei giornalisti significativamente proprio nei luoghi dove si forma la coscienza critica dei cittadini di domani.

Iniziativa virtuosa – è stato ricordato dai rappresentanti FNSI – che si innesta nel protocollo siglato con la Provincia Autonoma di Trento da Assostampa Trento, Sindacato Giornalisti del Trentino Alto Adige-FNSI, Ordine dei Giornalisti del Trentino Alto Adige per portare nelle scuole trentine di ogni ordine e grado la cultura dell’articolo 21, diffondere la sensibilità civica contro le fake news e per il contrasto della cultura dell’odio, della xenofobia e del razzismo.

(Articolo apparso su Articolo21 il 29 novembre 2020; foto di copertina: Museo diocesano tridentino, wikimedia)

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Libertà di stampa, Ianeselli: «Saremo la città che accoglie i cronisti minacciati»

«Vogliamo essere la città che ospita ed accoglie giornalisti minacciati, per coniugare la difesa dei diritti umani con l’ospitalità». Lo ha detto il sindaco di Trento, Franco Ianeselli, nel corso di un incontro con il presidente della Federazione nazionale della Stampa italiana, Giuseppe Giulietti e il segretario e il vicesegretario del sindacato giornalisti del Trentino Alto Adige, Rocco Cerone e Lorenzo Basso.

«Intendiamo offrire – ha continuato il sindaco – la possibilità di un ristoro temporaneo nella nostra città da situazioni critiche o a rischio per giornalisti che hanno illuminato o portato a conoscenza fatti di interesse pubblico a livello nazionale e internazionale».

L’incontro è stato promosso dal sindacato regionale dei giornalisti assieme alla Fnsi per rinnovare il patto di collaborazione scaturito dopo la celebrazione della prima manifestazione sulla libertà di stampa nella città di Trento il 2 maggio 2019. «Allo studio – informa una nota dell’Assostampa – l’organizzazione di una iniziativa da tenersi a inizio maggio 2021».

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Solidarieta SJG e Articolo21 al popolo bielorusso

Il Sindacato dei giornalisti del Trentino Alto Adige (SGJ) ed il presidio di Aricolo21 della regione esprimono solidarietà e sdegno per l’arresto di 23 giornalisti appartenenti all’Associazione bielorussa dei giornalisti (Baj), bloccati ieri in piazza del cambiamento nella capitale Minsk insieme a 1.127 persone, tutte arrestate.

SJG ed Articolo21 del Trentino Alto Adige sono inoltre vicini all’Associazione dei bielorussi in Italia “Supolka” con sede a Trento, la cui rappresentante Katerina Ziuziuk ha lanciato l’allegato grido d’allarme, affinchè non venga dimenticata la tragedia della Bielorussia, dove è in corso una campagna di stato di abolizione della libertà di stampa con arresti indiscriminati e di tutte le altre libertà, tra l’indifferenza dell’Europa, a cento giorni dall’inizio delle proteste democratiche.

(Foto di copertina: CastleMound, Wikimedia)