Alla vigilia della Giornata internazionale sulla libertà di stampa, per il terzo anno, Trento (nella corte interna di Palazzo Geremia) Lunedì 2 maggio 2022 alle 12 ospiterà la Manifestazione nazionale sulla libertà di informazione.
Alla manifestazione nazionale sulla libertà di informazione interverranno l’intera giunta comunale, con il sindaco Franco Ianeselli e il presidente del consiglio comunale Paolo Piccoli, insieme ad una delegazione di giornalisti e giornaliste, con – fra gli altri – il presidente della FNSI Giuseppe Giulietti, il presidente del CNOG Carlo Bartoli, la presidente ODG di Trento Elisabeth Mair, Nicole Corritore e Paola Rosa’ di OBCT, il referente di Articolo21 del Trentino Alto Adige Roberto Rinaldi, Paolo Silvestri del comitato di redazione del “Trentino”, voce spenta il 15 gennaio 2021.
Davanti alla bandiera giallo e blu dell’Ucraina ed al vessillo arcobaleno della pace saranno letti durante un breve flashmob i nomi dei giornalisti uccisi durante la guerra in corso in Ucraina ed esposti dai presenti su fogli A3.
Nell’occasione saranno consegnate targhe ricordo nel ventennale di fondazione dell’Associazione culturale Articolo21 alla Famiglia di Antonio Megalizzi e all’Osservatorio Balcani Caucaso Transeuropa. Al termine Ekaterina Ziuziuk dell’Associazione Bielorussi in Italia Supolka e presidente regionale di Articolo21 eseguirà una canzone di pace.
La mattinata sarà moderata dalla giornalista Silvia Fabbi.
L’informazione tra cronaca e propaganda, tra spettacolarizzazione e approfondimento: come e quanto l’attualità tragica della guerra in Ucraina sta mettendo in discussione il ruolo dell’informazione professionale e dello stesso giornalista. Sarà uno degli argomenti che verranno affrontati nella seconda edizione del corso di Alta formazione Università di Padova- Fnsi “Raccontare la verità: come informare promuovendo una società inclusiva e contrastare le fake news”: iscrizioni entro il 7 aprile, inizio lezioni il 5 maggio.
Intanto vi proponiamo la riflessione di Roberto Reale, uno dei docenti del corso che vede nell’organizzazione anche il Sindacato giornalisti Veneto con quello del Trentino Alto Adige e l’adesione dell’Ordine nazionale e veneto dei giornalisti.
Tempo di guerra, tempo di atroci sofferenze, enormi rischi, incredibili paradossi. L’altro giorno incrocio un conoscente, persona cordiale e perbene, già elettore leghista. Mi dice che Putin è un pazzo e che bisogna bombardare Mosca. Gli rispondo che non mi pare una grande idea visto l’arsenale nucleare di cui dispone e che la follia di Putin, posto che di questo si possa parlare, deve essere retrodatata almeno al 2006, a quel 7 di ottobre in cui venne uccisa a Mosca la coraggiosa giornalista Anna Politkoskaja. Gli chiedo: perché nel frattempo in tanti in Italia, Europa, Stati Uniti l’hanno celebrato come un modello o hanno continuato a fare ottimi affari con lui e i suoi oligarchi?
Gli domando anche come si sia formato queste opinioni, mi risponde che guarda la televisione, cerca di non perdersi nessuna trasmissione. È vicino ai 60 anni, normale che per lui sia così, anche se è giusto qui non dimenticare che, nella distribuzione delle tragiche immagini del conflitto, un ruolo preponderante lo stanno avendo, per i più giovani, social come Tik Tok e Instagram.
Ma tv e social sono poi oggi “mondi così distanti”? Ho visto copertine di telegiornali con filmati fatti coi cellulari con mezzi e edifici bruciati ma completamente decontestualizzati ( russi, ucraini?), ho visto prime pagine di quotidiani con corpi straziati offerti a “grandezza naturale”. E da dove venivano quelle immagini se non dai social, dal flusso continuo che ci arriva dai campi di battaglia? Mi è tornata in mente una nobile parola, che in Italia purtroppo ha assunto pure obliqui significati, la parola rispetto. Nel suo senso migliore sta per la nostra capacità di volgere lo sguardo all’indietro, cioè soffermarci, chiederci cosa stiamo facendo, evitare di gettare nel calderone ogni tipo di immagine senza averle dato un robusto contesto interpretativo. Altrimenti vanno in onda spezzoni di videogiochi, scene provenienti da altri conflitti, copertine mai pubblicate di settimanali americani.
La “nebbia di guerra” del nostro tempo consiste in un moltiplicarsi esponenziale delle fonti, dei documenti visivi. Che effetti ha tutto questo sulla gente, sul pubblico? Qualcuno ha scritto che siamo al prevalere dell’osceno sul tragico, qualcosa che ti dà l’illusione di vivere gli eventi ma crea assuefazione non partecipazione vera. Altri hanno chiamato in causa la spettacolarizzazione che produce solo reazioni emotive, un rullo compressore che radicalizza ogni punto di vista senza produrre conoscenza. Sono tutti problemi seri. Mi limito qui a osservare che la parte migliore della nostra offerta informativa è arrivata dagli inviati sul campo che hanno, in condizioni spesso precarie, riferito quanto avevano visto e verificato. Peccato solo che nel presentare il loro lavoro si sia abusato della parola racconto che (anche se la cosa a molti sfugge) può essere anche narrazione di fantasia mentre la cronaca è più saldamente legata ai fatti. Altra questione controversa è quella dei giornalisti fatti allontanare dalla Russia. Questo è un tema delicato. La legge sull’informazione approvata in quel paese accentua in maniera intollerabile la stretta repressiva sulla libertà di espressione, ma è palesemente (fino a prova contraria) rivolta all’interno. Mantenere attivi uffici di corrispondenza significa documentare i fatti che avvengono nel paese, primo dovere del giornalismo, cosa opportunamente ribadita dalla BBC.
Dicevo all’inizio dei paradossi. In questa storia non ci sono dubbi che ci siano un aggressore e un aggredito. Stare dalla parte degli Ucraini è un dovere politico e morale. Ma piccole e un po’ miserabili “guerre culturali” (mi scuso per l’uso del termine davanti al dramma vero) sui tassi di atlantismo degli italiani, come se la Nato fosse Amnesty o Save The Children, lasciano veramente il tempo che trovano. Alcuni di noi fino a pochi mesi fa sono stati sbeffeggiati perché accentuavamo le critiche al regime putiniano dicendo che se si colpisce il giornalismo indipendente si creano le premesse per qualsiasi avventura. I sovranisti ci hanno risposto che invece era un modello in funzione anti islamica, altri che mancavamo di realismo. Adesso che esplodono le bombe tutti mischiano le carte. Il paradosso sta nel fatto che i primi a invitare alla prudenza rispetto a un escalation militare sono in Italia (e negli stessi Stati Uniti) i generali, gente che la guerra l’ha vista, combattuta, che sa dove potremmo andare a finire seguendo spinte isteriche o emotive.
E allora che fare? Si sta in campo come hanno fatto i nostri migliori inviati: dalla parte dei civili sempre e comunque. È la loro sofferenza che ci interroga e che deve guidarci. Per questo la prima richiesta da avanzare è sempre quella del cessate il fuoco. Se vuoi la pace prepara e sostieni la pace. Il resto lo lasciamo agli altri, a chi gioca a fare il dottor Stranamore dal salotto di casa, con editoriali di fuoco o da uno studio tv mentre in realtà detesta in primo luogo proprio chi è contro la guerra.
Le immagini del bombardamento dell’ospedale di Mariupol sono l’ennesima brutalità della guerra in Ucraina. In nessun conflitto, purtroppo, non ci sono vittime. Ma quando viene colpito un ospedale con bambini e madri in stato di gravidanza tutto assume un contorno più drammatico. Assostampa Alto Adige esprime vicinanza al popolo ucraino
Un nuovo conflitto ha sconvolto la comunità internazionale, l’Unione europea e tutti noi, che mai pensavamo che alle nostre porte potessero di nuovo tornare carri armati, fucili e nuove vittime. Nessuna guerra è giusta, ma nel caso di Kiev non c’è nessun dubbio su chi sia lo Stato aggredito e chi sia l’aggressore. Per questo motivo come giornalisti e cittadini europei Assostampa Alto Adige non può non esprimere la solidarietà e la vicinanza al popolo dell’Ucraina e ai tanti cittadini di quella Nazione che vivono nella nostra Provincia con l’angoscia di sapere che amici e parenti sono lontani e in pericolo.
Siamo consapevoli della necessità di raccontare tutti gli eventi, compresa una guerra, con la neutralità propria della nostra professione, che tutte le voci vadano sentite e tutte le opinioni ascoltate. Ma di fronte al ritorno di una politica di potenza che pensavamo fosse figlia di un retaggio del passato e di fronte alla repressione del dissenso a Mosca, compreso il carcere per i giornalisti che raccontano fatti che il governo e il suo presidente ritengono non veri, non possiamo non prendere una decisa e precisa posizione contro scelte scellerate che mettono a rischio la pace e democrazia.
Ci stringiamo intorno alla popolazione dell’Ucraina e ci auguriamo che il buonsenso prevalga sulle armi. Viviamo in una terra che ha fatto della convivenza tra gruppi linguistici e culture il suo punto di forza. Motivo per cui riteniamo che un’alternativa alla guerra sia e deve essere possibile.
La domanda che molti dinnanzi al conflitto Russia Ucraina si pongono è : “Noi cosa possiamo fare?” A parte donare e aprire le nostre case ai profughi, l’altra azione fondamentale riguarda il pensiero: ossia esprimere il proprio dissenso alla guerra e la propria solidarietà ai colleghi giornalisti di Ucraina e Russia.
Nei giorni scorsi la presidente dell’Associazione di stampa di Trento, Patrizia Belli, ha incontrato le donne ucraine di Rovereto per spiegare loro che l’associazione condanna la guerra ed è solidale nei confronti dei giornalisti ucraini. E non solo ha ricevuto la loro totale partecipazione ma anche il dono della bandiera Ucraina che le donne avevano cucito a mano. Una bandiera per tenere accesa l’attenzione verso la libertà di stampa in Ucraina ma anche in Russia. È recente infatti la decisione del governo russo di applicare pene che arrivano fino a 15 anni di carcere per coloro che vengono giudicati colpevoli di dire “guerra”, “invasione” o “offensiva” o gettano discredito sulle forze armate o invitano la gente a manifestare. L’Assostampa Trentina condanna questa forma di censura che calpesta i diritti fondamentali della libertà di stampa e esprime piena solidarietà a tutti gli operatori dell’informazione e ribadisce il proprio fermo “NO” all’invasione dell’Ucraina . Bene hanno fatto gli intellettuali a ricordare che in questa guerra, lo zar di Russia si preoccupa molto più dell’informazione che delle sanzioni economiche. Ne è dimostrazione che si sta cercando di chiudere tutti i canali di informazione diversi da quelli ufficiali.
Totale la solidarietà al popolo ucraino e in particolare ai giornalisti ucraini che si trovano in prima linea come il piccolo The Kyiv Independent: il quotidiano nato dopo la controversa chiusura del Kyiv Post (il più antico quotidiano ucraino in lingua inglese), che – attivo da soli tre mesi – si sovvenziona grazie ai lettori. E lo fa con una missione: “Dire la verità”. E il “piccolo” Kyiv Independent si è conquistato la fama di fonte attendibile, tanto che le sue notizie sono rilanciate dalle testate di tutto il mondo.
L’impegno di Assostampa trentina è – e sarà – quello di continuare a sostenere i nostri colleghi: i giornalisti ucraini e i giornalisti russi che sfidano censure, bavagli e ritorsioni in nome della libertà di stampa.
Per approfondire L’8 novembre 2021 chiude il Kyiv Post. I cronisti e il resto dello staff sono stati licenziati. Una parte di loro però ha deciso di continuare a informare perchè, hanno scritto, “L’Ucraina ha bisogno di una fonte di notizie di cui fidarsi” e così è nato il Kyiv Independent. Alla guida del giornale c’è Olga Rudenko, 32enne ex vicedirettrice del Kiyv Post. La redazione ha conquistato consensi e, dato non secondario, i fondi per sostenersi. Il capitale iniziale è arrivato da una sovvenzione di emergenza europea e oggi vive grazie al contributo dei lettori. Poi la guerra e il piccolo giornale è diventato fondamentale per mostrare al mondo cosa accade. Chi volesse può sostenerlo su Patreon e GoFundMe. Inoltre sul sito web della Efj (European Federation journalist), è possibile sottoscrivere il documento di sostegno all’Ucraina. ttps://europeanjournalists.org/blog/2022/02/25/we-stand-in-solidarity-joint-statement-in-support-of-ukraine/
Il sindacato italiano ha aderito alla mobilitazione promossa dalle Federazioni internazionale ed europea per contribuire ad assicurare forniture mediche ed equipaggiamenti di sicurezza ai colleghi impegnati a raccontare il conflitto, garantire vie di fuga sicure ai reporter in pericolo e supporto ai media indipendenti. Il segretario generale Raffaele Lorusso: «Aiutiamo chi è in prima linea per raccontare le atrocità della guerra».
La Federazione nazionale della Stampa italiana ha aderito con un contributo economico alla mobilitazione promossa dalla Ifj e dalla Efj a sostegno dei giornalisti in pericolo in Ucraina a seguito dell’invasione ad opera delle truppe russe e dei sindacati ucraini di categoria, Union of Journalists of Ukraine e Independent Media Trade Union of Ukraine.
«Insieme con i sindacati di altri Paesi europei e del mondo, la Federazione nazionale della Stampa italiana non vuol far mancare il proprio sostegno e il proprio contributo ai sindacati dei giornalisti ucraini e ai colleghi che sono rimasti in prima linea per raccontare le atrocità della guerra e la spietata repressione di cui sono vittime i media ucraini», afferma Raffaele Lorusso, segretario generale della Fnsi.
«Il loro impegno, unito a quello di tanti giornalisti occidentali, è fondamentale per far conoscere all’opinione pubblica di tutto il mondo il dramma di un Paese e di un popolo di cui si vorrebbe cancellare con le armi l’identità e la libertà. Uguale sostegno va a quei giornalisti russi che in un clima di pesante repressione, sfidando bavagli, minacce e ritorsioni anche sul piano fisico, si sforzano di smontare la propaganda di regime, dando voce a quella parte sempre più consistente dell’opinione pubblica del loro Paese che si oppone alla guerra e all’escalation di violenze e barbarie perpetrate dal presidente Putin».
Sin dalle prime ora di guerra, la Ifj e la Efj, insieme con i loro affiliati, si sono attivate per aiutare ad evacuare i reporter in pericolo, contribuire ad assicurare forniture mediche ed equipaggiamenti di sicurezza, come giubbotti antiproiettile ed elmetti, ai giornalisti impegnati a raccontare il conflitto, hanno incontrato l’Unesco, le Nazioni Unite e i gruppi per la libertà dei media per creare una rete di sostegno in favore di cronisti e media indipendenti in Ucraina, rimanendo in costante contatto con i sindacati ucraini per valutare le loro esigenze.
La Federazione internazionale ha predisposto una polizza assicurativa dedicata che fornisce copertura ai giornalisti stranieri che seguono il conflitto e sta organizzando un incontro con un importante consulente per la sicurezza per lavorare a protocolli di emergenza e ad un piano di evacuazione. Intanto sono in corso i lavori per allestire in Polonia un centro logistico e un ufficio che possano aiutare a smistare gli aiuti ai sindacati in Ucraina. È in agenda un nuovo incontro con l’Unesco per discutere di un passaggio sicuro per i giornalisti a rischio e prosegue la pressione sul Consiglio d’Europa e i singoli governi per intensificare gli sforzi per proteggere i giornalisti e condannare gli attacchi ai media.
«Ma la guerra va avanti – rilevano Anthony Bellanger, segretario generale Ifj e Ricardo Gutiérrez, segretario generale della Efj – e i combattimenti si intensificano. Dunque ora più che mai è importante aumentare i nostri sforzi, offrire maggiore solidarietà per garantire un supporto davvero efficace».
L’appello è ad aderire alla mobilitazione, contribuendo concretamente alla richiesta urgente di sostegno che arriva dai sindacati ucraini dei giornalisti con una donazione al Fondo per la sicurezza dell’Ucraina.
«Tutti i fondi donati verranno utilizzati direttamente per fornire assistenza di emergenza ai nostri affiliati in Ucraina per sostenere i giornalisti in pericolo. Hanno bisogno di supporto per aiutare i giornalisti a rischio a trasferirsi, per fornire assistenza umanitaria di emergenza, attrezzature di sicurezza, supporto medico urgente e molto altro ancora», spiegano Ifj e Efj.
FONDO PER LA SICUREZZA DELL’UCRAINA
È possibile contribuire inviando una donazione al Fondo con il messaggio “Ucraina”. Di seguito le coordinate bancarie.
Alla scomparsa del quotidiano dedicata la tavola rotonda del ventennale di Articolo 21. L’ex direttore Simeone e il professor Quaglioni sicuri: il cambio del nome fu un errore madornale
*(Ospitiamo il pezzo di Maurizio DiGiangiacomo)
Ennio Simeone ha diretto l’Alto Adige dal 1988 al 1993. Già a L’Unità e a Paese Sera, da un anno approdato al Gruppo Espresso, fu chiamato da Giuliano Salvadori Del Prato a succedere a Luciano Ceschia. “Il barone Del Prato mi disse subito che l’Alto Adige era nato in Trentino, che era il giornale dell’intera regione”, ha ricordato Simeone, oggi 86enne, intervenendo alla tavola rotonda dal titolo Il ruolo culturale svolto dal quotidiano Trentino organizzata venerdì 25 febbraio a Palazzo Geremia da Articolo 21 per festeggiare il ventennale della propria fondazione. Dopo aver diretto Il Tirreno, alla fine degli anni Novanta Simeone fu incaricato dal principe Carlo Caracciolo di assumere la direzione del Quotidiano della Calabria. “Io ero già in pensione, Caracciolo mi chiese di dedicarmici quattro mesi, invece vi rimasi dieci anni. E fu lì che appresi del cambio di testata dell’edizione di Trento dell’Alto Adige, da Alto Adige appunto in Trentino. Ne chiesi il motivo allo stesso a Caracciolo, gli dissi che mi sembrava una sciocchezza. In un giornale non si cambiano nemmeno le rubriche, figuriamoci il nome della testata, i lettori sono animali abitudinari. È stato un errore anche e soprattutto perché l’Alto Adige era il giornale leader della regione, un errore di presunzione editoriale. Oggi che il Trentino non c’è più sento il rammarico per non essere riuscito a far cambiare idea a Caracciolo e mi dispiace essere qui a commemorare la scomparsa di un giornale. Ci vorrebbe un’idea per ripartire. Io ho lo smartphone ma lo uso solo come navigatore, i miei nipoti, invece, leggono il giornale sul telefono e lo fanno gratis. Ma non vorrei che questo fosse un funerale”.
Simeone, quindi, non ha dubbi. L’inizio della fine fu il cambio di testata, avvenuto nel 2002, sotto la direzione di Gianpaolo Visetti. Ascoltandolo, ripensando a quei miei primi anni di giornalismo, all’autorevolezza che l’Alto Adige – sia a Bolzano che a Trento – allora ancora aveva, mi sono chiesto se non fu proprio la sua sostituzione a segnare magari non già l’inizio della fine, ma almeno quello del declino del grande giornale. Riflettendo sulla storia recente, sul fatto che è stato poi un editore del gruppo linguistico tedesco a sacrificare il Trentino sull’altare della sostenibilità economica, viene da rimpiangere il rispetto che Ennio ebbe non solo per le pagine tedesche del giornale Alto Adige, ma anche e soprattutto la visione più mitteleuropea che mediterranea che aveva del giornale, a dispetto dei natali campani, tanto da opporsi all’acquisizione delle pagine di Interni ed Esteri già allora confezionate dalla Finegil per tutti i giornali del Gruppo.
A Palazzo Geremia a sostenere la tesi di Simeone c’era anche il professor Diego Quaglioni, già preside della facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Trento e per anni illustre collaboratore del giornale. “Sono solidale nei confronti dei giornalisti del Trentino, proprio in queste ore ho potuto riflettere una volta di più sull’affinità tra storia e giornalismo – ha detto intervenendo al convegno di Articolo 21 -. Agli inizi del pensiero costituzionale si scrisse che i soli veri documenti storici sono i giornali, che se per qualche cataclisma scomparissero non si saprebbe più nulla sulla nostra società. Del resto, Hannah Arendt, la più grande intellettuale del ventesimo secolo, ha scritto il suo Eichmann in Jerusalem sulla base dei suoi reportage pubblicati dal New Yorker. La libertà di stampa è un problema costituzionale, è una garanzia di tutte le altre libertà. L’articolo 21 della Costituzione sancisce che tutti, non solo i cittadini, hanno il diritto di esprimersi. E non basta rigettare le censure, occorre munirsi di difese contro la concentrazione e il depauperamento, pericoli più forti a livello regionale, dove c’è il rischio di raccontare una realtà solo domestica, solo locale. L’Alto Adige era una finestra dalla quale, raccontando la realtà regionale, si poteva osservare quella nazionale. La divisione tra Alto Adige e Trentino è stata un errore madornale, commesso accondiscendendo alla volontà della politica locale, che ha fatto della Regione due Province, svuotando un istituto che sopravvive con competenze marginali. Una vicenda che ha indebolito la stessa politica locale. Per sapere cosa accade a Bolzano bisogna varcare il confine, perché sul giornale non ce n’è traccia – ha concluso Quaglioni -. L’articolo 21 è uno dei presupposti della nostra libertà. Penso che anche l’Università possa fare la sua parte, ispirandosi a Giovanni Battista a Prato, liberale e giornalista”.
Alla tavola rotonda, coordinata dal segretario regionale del Sindacato dei giornalisti Rocco Cerone, sono intervenuti il portavoce locale di Articolo 21 Roberto Rinaldi, il padrone di casa sindaco di Trento Franco Ianeselli, la presidentessa di Assostampa Trento Patrizia Belli e quella di Assostampa Bolzano Diana Benedetti, la segretaria del Sindacato regionale del Veneto Monica Andolfatto e il vicepresidente dell’Ordine regionale dei giornalisti Maurizio Panizza. Ultimo intervento quello del presidente della Federazione nazionale della stampa Giuseppe Giulietti, che è partito dalla drammatica attualità internazionale per giungere alla realtà del Trentino. “Gli inviati che raccontano la guerra sono fondamentali – ha detto – senza intermediari non c’è la verità. Quest’idea degli editori che si possa fare l’informazione senza domande, senza pensiero critico, non funziona. È l’idea dell’abrogazione della funzione del giornalista. Questa provincia ha insegnato libertà e irredentismo, anche con le prime leghe sindacali e i loro fogli. La fonte unica, le forme di monopolio, non solo in Trentino, sono pericolose. Le modalità brutali della chiusura del Trentino sono un’aggravante, è il caso tipico di soppressione di una voce. La vertenza non è conclusa – ha concluso Giulietti -, partendo da qui va fatta una battaglia nazionale sull’editoria, ponendo anche la questione dell’antitrust dei bacini regionali, specie con la riduzione del numero dei parlamentari”.
Toccante, in chiusura, la targa consegnata da Articolo 21 a Marika Caumo, a rappresentare i collaboratori del giornale Trentino, i precari che, da un giorno all’altro, hanno perso anche il misero compenso che percepivano per il loro prezioso lavoro.
Nel ventennale di fondazione di Articolo21, venerdì 25 febbraio alle 10 a Trento, tavola rotonda, a Palazzo Geremia, sul ruolo culturale del quotidiano Trentino, già Alto Adige, chiuso il 15 gennaio 2021. Dibatteranno del tema con l’ex direttore di Alto Adige, Tirreno e Giornale di Calabria, Ennio Simeone, il presidente della FNSI Giuseppe Giulietti, lo storico del diritto Diego Quaglioni, docente all’Università di Lille e al Collège de France di Parigi, storico collaboratore del giornale, il sindaco Franco Ianeselli.
Interverranno inoltre i segretari del Sindacato giornalisti del Trentino Alto Adige e del Veneto Rocco Cerone e Monica Andolfatto, le presidenti di Assostampa Trento e Bolzano Patrizia Belli e Diana Benedetti, i componenti del comitato di redazione del giornale Trentino Luca Marsilli, Paolo Morando e Paolo Silvestri, il vicepresidente Odg Maurizio Panizza, Mauro Lando, consigliere nazionale UNGP e numerosi altri giornalisti che nel corso degli anni hanno lavorato all’Alto Adige, poi Trentino.
Per sottolineare la collaborazione strategica dei 20 collaboratori del giornale, nell’occasione verrà consegnata una targa che verrà simbolicamente ritirata dalla giornalista precaria Marika Caumo.
L’iniziativa è promossa dall’Associazione Articolo 21 insieme al comitato di redazione del quotidiano Trentino, il Sindacato Giornalisti del Trentino Alto Adige, il Sindacato Giornalisti del Veneto, Assostampa Trento e Bolzano, l’Ordine dei Giornalisti del Trentino Alto Adige.
«La rielezione di Sergio Mattarella alla presidenza della Repubblica assicura al Paese una guida illuminata e sicura in un momento storico incerto e complicato. Nel suo primo settennato, il presidente Mattarella è stato garante supremo dei valori costituzionali e, in modo sobrio ma deciso, ha saputo richiamare i rappresentanti delle istituzioni, la politica e i cittadini al rispetto dei diritti e al compimento dei loro doveri. Non ha mai fatto mancare il proprio sostegno alla stampa, ricordandone più volte il ruolo fondamentale per la tenuta delle istituzioni democratiche e invitando a difendere il pluralismo e il lavoro dei giornalisti, sempre più precario e poco garantito». Lo afferma Raffaele Lorusso, segretario generale della Fnsi.
«La Federazione nazionale della Stampa italiana – prosegue – gli augura buon lavoro, nella consapevolezza che il suo alto magistero continuerà a rappresentare un baluardo per la difesa della libertà di espressione, del diritto di cronaca e dei diritti e delle libertà costituzionali».
Il presidente Fnsi, Giuseppe Giulietti, a Fiumicello all’incontro ‘Pensieri parole e musica per Giulio’ con la famiglia del ricercatore e la legale Alessandra Ballerini, a sei anni dall’uccisione di Giulio Regeni. A Bolzano, nella piazzetta antistante Centro Civico Europa-Novacella è stata inaugurata una panchina dipinta di giallo acceso, dedicata proprio a Regeni, per ricordare e indicare l’importanza dei diritti umani e il pericolo della loro assenza. L’evento fa parte delle iniziative “Bolzano Città della Memoria 2022”.
«La scorta mediatica è servita e servirà. La vicenda di Giulio Regeni non è una questione di famiglia, ma una questione di dignità nazionale». Così il presidente della Fnsi, Giuseppe Giulietti, partecipando a Fiumicello all’incontro ‘Pensieri parole e musica per Giulio’ promosso nel giorno del sesto anniversario del rapimento al Cairo del ricercatore egiziano il cui corpo fu ritrovato senza vita il 3 febbraio 2016.
«Il fatto che questa famiglia e i legali siano stati ascoltati dal presidente del Consiglio e dalla ministra della Giustizia rappresenta un passo in avanti», ha detto Giulietti, che, moderando l’incontro, ha ricordato le iniziative degli ultimi giorni per continuare a chiedere verità e giustizia per Giulio e le vicende di Mario Paciolla, Andrea Rocchelli, Peppino Impastato. «Esempi di solidarietà attiva, della memoria che fa cose. Esempi di famiglie che hanno la capacità di trasformare il dolore in azione», ha evidenziato.
All’incontro con i genitori di Giulio, Paola e Claudio, e l’avvocato Alessandra Ballerini, anche artisti, politici, sindacalisti, il presidente della Camera, Roberto Fico, collegati da remoto o intervenuti con un videomessaggio.
Fra gli altri appuntamenti della giornata, organizzata in concomitanza con la tappa in Friuli Venezia Giulia dei festeggiamenti per i 20 anni dell’associazione Articolo21, rappresentata da don Pierluigi Di Piazza e Fabiana Martini, presidente e portavoce del presidio regionale, in mattinata, al Circolo della Stampa di Trieste, presenti anche il presidente dell’Assostampa, Carlo Muscatello e il presidente dell’Ordine dei giornalisti del Friuli Venezia Giulia, Cristiano Degano, Giulietti ha incontrato alcuni dei giornalisti e operatori dell’informazione minacciati e aggrediti nelle scorse settimane durante le manifestazioni no vax e no green pass.
Pubblicato in occasione della ricorrenza di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti, il messaggio del Pontefice per la 56ª Giornata mondiale, che quest’anno si celebra il 29 maggio. «L’ascolto sta conoscendo un nuovo importante sviluppo in campo comunicativo e informativo», rileva fra l’altro Bergoglio.
«L’ascoltare è il primo indispensabile ingrediente del dialogo e della buona comunicazione. Non si comunica se non si è prima ascoltato e non si fa buon giornalismo senza la capacità di ascoltare. Per offrire un’informazione solida, equilibrata e completa è necessario aver ascoltato a lungo. Per raccontare un evento o descrivere una realtà in un reportage è essenziale aver saputo ascoltare, disposti anche a cambiare idea, a modificare le proprie ipotesi di partenza». Così papa Francesco nel Messaggio per la 56ª Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali pubblicato oggi, 24 gennaio 2022, ricorrenza di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti.
«Ascoltare più fonti, ‘non fermarsi alla prima osteria’ – come insegnano gli esperti del mestiere – assicura affidabilità e serietà alle informazioni che trasmettiamo. Ascoltare più voci, ascoltarsi, anche nella Chiesa, tra fratelli e sorelle, ci permette di esercitare l’arte del discernimento, che appare sempre come la capacità di orientarsi in una sinfonia di voci», sottolinea il Pontefice.
«Lo scorso anno – scrive il Francesco – abbiamo riflettuto sulla necessità di ‘andare e vedere’ per scoprire la realtà e poterla raccontare a partire dall’esperienza degli eventi e dall’incontro con le persone. Proseguendo in questa linea, desidero ora porre l’attenzione su un altro verbo, ‘ascoltare’, decisivo nella grammatica della comunicazione e condizione di un autentico dialogo».
Per Bergoglio, «stiamo perdendo la capacità di ascoltare chi abbiamo di fronte, sia nella trama normale dei rapporti quotidiani, sia nei dibattiti sui più importanti argomenti del vivere civile». Allo stesso tempo, «l’ascolto sta conoscendo un nuovo importante sviluppo in campo comunicativo e informativo, attraverso le diverse offerte di podcast e chat audio, a conferma che l’ascoltare rimane essenziale per la comunicazione umana».
Il papa si sofferma anche sull’importanza di saper ascoltare la società come “antidoto” alle conseguenze della pandemia. «Tanta sfiducia accumulata in precedenza verso l”informazione ufficiale’ ha causato anche una ‘infodemia’, dentro la quale si fatica sempre più a rendere credibile e trasparente il mondo dell’informazione. Bisogna porgere l’orecchio e ascoltare in profondità, soprattutto – evidenzia – il disagio sociale accresciuto dal rallentamento o dalla cessazione di molte attività economiche».
Infine, l’esortazione a «vincere i pregiudizi sui migranti e sciogliere la durezza dei nostri cuori», provando ad ascoltare le loro storie, a dare un nome e una storia a ciascuno di loro. «Molti bravi giornalisti lo fanno già. E molti altri vorrebbero farlo, se solo potessero. Incoraggiamoli!», l’appello.
PER APPROFONDIRE Il messaggio integrale di papa Francesco per la 56ª Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali, che quest’anno si celebra il 29 maggio sul tema “Ascoltare con l’orecchio del cuore”, è disponibile a questo link.
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