Ddl Diffamazione, domani, mercoledì 25, ore 14 conferenza stampa Odg e Fnsi nella sede nazionale dell’Ordine dei giornalisti. Il testo del Disegno di legge in materia di diffamazione a mezzo stampa adottato dalla commissione Giustizia del Senato quale testo base per la prosecuzione dei lavori non tutela la libertà di informazione, rischiando di comprimere l’autonomia dei giornalisti e, dunque, il diritto dei cittadini ad essere informati. Ne sono convinti il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti e la Federazione nazionale della Stampa italiana che, per denunciarne le criticità, convocano una conferenza stampa per domani, mercoledì 25 ottobre 2023, alle ore 14, nella sede del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti, in via Sommacampagna 19, a Roma. All’incontro partecipano Carlo Bartoli, presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine, Gianluca Amadori, componente del Comitato esecutivo del Cnog, Alessandra Costante, segretaria generale della Fnsi e Vittorio di Trapani, presidente Fnsi. “Così com’è formulato – rilevano sindacato e Ordine – quel testo non assicura il corretto e doveroso bilanciamento di principi costituzionalmente garantiti, quali la tutela della dignità della persona e il diritto dei cittadini all’informazione”.
Roma, 24 ottobre 2023
Categoria: Giornalisti minacciati
In un’epoca in cui l’informazione viene costantemente minacciata è ancor più necessario garantire la libertà d’espressione per un pluralismo indispensabile in una società che si professi democratica e garante della libertà di stampa. Gli anni segnati dalla pandemia prima, e aggravati ora, per il conflitto bellico tra Russia e Ucraina, sono caratterizzati da una narrazione dai toni provocatori, divisivi in cui le opinioni divergenti vengono respinte senza possibilità di contraddittorio. L’Italia risulta anche retrocessa: il World Press Freedom Index di Reporters Sans Frontières (RSF) che valuta ogni anno lo stato del giornalismo in 180 Paesi, ha declassificato l’Italia dal 41esimo al 58esimo posto. La classifica ci pone appena sopra la Grecia, l’Albania, e una parte degli stati dell’ex Jugoslavia, mentre la Repubblica Ceca, la Slovacchia, l’Estonia, Lituania, Lettonia, Moldova e Armenia ci superano come molte nazioni dell’Europa occidentale. Perfino Paesi del Sudamerica , Africa ed Asia sono in posizioni migliori della nostra. La libertà di stampa al tempo della polarizzazione evidenzia come lo stato di gravità in cui il caos dell’informazione crea le divisioni interne responsabile di alimentare le fake news che hanno raggiunto un livello record e di conseguenza alimentano la propaganda. In Italia si assiste sempre più ad un monopolio editoriale che si è venuto a creare a discapito di media indipendenti sempre più marginali e in crisi economica
D’altronde, in Italia la concentrazione editoriale nelle mani di pochi è evidente, le voci indipendenti sono sempre meno e sempre più soffocate da problemi economici. La disinformazione alimentata dai social media, favorita dallo squilibrio sempre più marcato tra stati, in cui i media si possono esprimere senza censure e regimi dove il controllo dei canali di comunicazione limita ogni pensiero divergente e vengono utilizzati come strumento di accusa e propaganda rivolta verso i paesi più democratici. Reporters Sans Frontières classifica anche l’Ucraina che si pone al 106 esimo posto mentre la Russia è al 155 esimo, questo prima che iniziasse il conflitto e la propaganda era iniziata ben prima. Di questa immane tragedia se ne è parlato anche a Trento lo scorso 2 maggio dove è stata celebrata la Giornata nazionale sulla libertà di stampa a cui hanno partecipato il presidente della Federazione nazionale della stampa, Giuseppe Giulietti, il presidente dell’Ordine nazionale dei Giornalisti, Carlo Bartoli, la presidente dell’Ordine dei giornalisti del Trentino Alto Adige, Elisabeth Lissi Mair, il segretario del Sindacato giornalisti del Trentino Alto Adige, Rocco Cerone, Nicole Corritore e Paola Rosà dell’Osservatorio Balcani Caucaso, Diana Benedetti presidente di Assostampa Bolzano, Paolo Silvestri del comitato di redazione del giornale Trentino, chiuso nel 2021, ospiti del sindaco di Trento, Franco Ianeselli, a Palazzo Geremia.
Il capoluogo del Trentino Alto Adige per il terzo anno consecutivo è stato scelto per manifestare l’impegno a difesa della libertà di espressione. «In Russia i cronisti vengono condannati a quindici anni di carcere se scrivono la parola guerra. Così come accade in Bielorussia dove la legge che limita la libertà di stampa è basata sul modello di quella Turchia e dell’Egitto che prevede il carcere a chi si è solo permesso di criticare il governo contestando il reato di attentato contro la sicurezza nazionale. Siamo qui a Trento – ha spiegato Giulietti- per commemorare tutti i giornalisti che hanno perso la vita in Ucraina, ma ricordare anche di quelli siriani o i colleghi bloccati in Pakistan a cui è vietato l’accesso in Afghanistan e in questo Paese i cronisti che hanno collaborato con le testate estere, sono a rischio della loro vita. Solo noi della FNSI e Articolo 21 abbiamo deciso di andare a manifestare davanti all’Ambasciata Russa anche se non ci è stato permesso spostandoci alla Biblioteca Nazionale. Le minacce ai cronisti sono aumentate del 41 %e a dirlo è il Consiglio d’Europa che ha monitorato sulla sua piattaforma le segnalazioni provenienti da tutti i paesi. Si è venuta a creare una sovrapposizione tra squadristi e novax con continue aggressioni in rete e fuori rete, specie nei confronti delle croniste donne con un linguaggio sessista. Anche in Italia le minacce nel 2021 hanno raggiunto il 41 %, in questo siamo in linea con il resto d’Europa. Rileviamo poi come incida sulla libertà di stampa il problema irrisolto dell’equo compenso per il lavoro giornalistico e quello delle querele bavaglio.
Abbiamo 20 giornalisti sotto scorta, l’ultimo a cui è stata data protezione dal Ministero degli Interni è Sigfrido Ranucci di Report. Ad Arzano in provincia di Napoli i cronisti devono essere scortati e lavorano per 500/600 euro al mese. Questo significa destabilizzare la vita quotidiana di questi colleghi. Mi chiedo se la Costituzione è stata sospesa sulla rete? Abbiamo Paolo Berizzi unico cronista scortato per le minacce nazifasciste che riceve, quando, al contrario, i cronisti possono circolare liberamente. Abbiamo anche sollecitato la presidente del Parlamento Europeo, Roberta Mesola affinché intervenga in difesa dei cronisti minacciati dalle querele bavaglio». Sul sito della Commissione Europea alla voce “Azione dell’Unione Europea contro l’abuso dl contenzioso nei confronti di giornalisti e difensori dei diritti umani” viene spiegato cosa sono le SLAPP: “una forma recente ma sempre più diffusa di interferenza nel dibattito pubblico dell’UE. Esse sono una vera e propria minaccia al pluralismo del dibattito pubblico, in quanto possono indurre chi ne è vittima ad autocensurarsi. Possono inoltre avere un effetto deterrente su altri bersagli potenziali, spingendoli a non far valere il loro diritto di indagare e a non riferire su questioni di interesse pubblico.
A causa della loro funzione pubblica di controllo, i giornalisti e i difensori dei diritti sono particolarmente esposti a questo tipo di azioni”. Giuseppe Giulietti ha poi proseguito spiegando che è stata presentata una mozione del Parlamento Europea al fine di far intervenire la Commissione Europea per il contrasto delle querele bavaglio con una iniziativa europea: «Il nostro intento è quello di organizzare la prima manifestazione in cui far partecipare i Consigli dell’Ordine dei giornalisti insieme al Sindacato alla presenza di tutti i colleghi scartati e minacciati» – ha concluso così il suo intervento Giuseppe Giulietti. Rocco Cerone intervenendo alla Consulta che ha preceduto il flash mob con l’esposizione dei nomi dei giornalisti uccisi sul fronte di guerra in Ucraina e dei colleghi arrestati in Bielorussia, ha sottolineato come sia «molto fertile l’humus giornalistico etico sindacale del Trentino Alto Adige, un laboratorio molto attivo in cui la tutela delle donne è declinato a 360 gradi. Un vero problema culturale in una società maschilista in cui il femminicidio è sempre più un’emergenza sociale che si estende sempre più anche nel mondo giornalistico».
Patrick Rina vicesegretario del Sindacato del Trentino Alto Adige ha voluto sottolineare con poche parole concise il valore della manifestazione indetta a Trento che anticipava quella del 3 maggio a Roma paragonata ad una «missione di cultura, valore e bellezza ma l’attività giornalistica in trincea va oltre le celebrazioni e l’incenso delle manifestazioni, possedendo una grande forza umana e intellettuale. La giornata è poi proseguita prima all’interno del cortile di Palazzo Geremia dove sono stati esposti i nomi di una ventina di giornalisti uccisi mentre svolgevano il loro lavoro di informare dalle zone di guerra in Ucraina e un elenco di giornalisti attualmente detenuti in Bielorussia. Un cerchio in cui i loro nomi sono stati stampati su locandine e alzati dalle mani di tutti i presenti, tra i quali c’era anche una delegazione di Amnesty International e la famiglia di Antonio Megalizzi.
Tra le vittime cadute sul fronte ucraino figurano i giornalisti Dealerbek Shakirov,Yevhen Sakun, Victor Dedov, Maksym Levin, Brent Renaud, Pierre Zakrzewsky, Oleksandra Kurshinova Oksana Baulina, Victor Dudar, Yuriy Oliynyk, Ruslan Orudzhev, Brent Renaud, Serhiy Zayikovsky, Denys Kotenko. Dealerbek Shakirov, Yevheniy Sakun, Sergey Pushchenko, Zoreslav Zamojskij,
Roman Nezhyborets, Viktor Dudar, Pavlo Lee, 33 anni,Viktor Didov, Brent Anthony Renaud,
Pierre Zakrzewski, Oleksandra “Sasha” Kuvshynova, Oleg Yakunin, Yuriy Oliynyk, Oksana Baulina, Serhiy Zayikovsky, Denys Kotenko, Maxim Levin, Mantas Kvedaravicius, Yevhen Bal, Oleksandr Lytkin, Lilia Humyanova, Alexander Kuvshinov.
La parte conclusiva si è svolta nella sala di rappresentanza con la moderazione di Silvia Fabbi e con gli interventi di Carlo Bartoli che ha ricordato rispetto al tema della libertà di stampa come «nonostante le sentenze della Corte europea nel nostro Paese stiamo ancora aspettando che si abolisca il carcere per giornalisti, che si ponga un argine alle querele bavaglio e si garantisca la tutela delle fonti». La presidente dell’Ordine dei giornalisti del trentino Alto Adige, Elisabeth Meir, ha sollevato del problema del precariato e della mancanza di una giusta retribuzione per i professionisti. Erano presenti anche i segretari generali di Cgil e Cisl del Trentino. Al dibattito è stata invitata anche Yuliya Lenko che è nata e cresciuta in Ucraina, risiede a Trento da 12 anni che la promotrice dell’iniziativa che Comune di Trento ed Euro&Promos, società multiservizi che opera a livello nazionale anche nel comparto cultura e che gestisce la biblioteca comunale della città, per i profughi ucraini e la Cultura come forma di accoglienza. All’interno del polo bibliotecario i profughi in fuga dall’Ucraina, oltre a una voce amica, possono trovare una vasta scelta di libri per adulti e bambini in lingua ucraina.
«Non potevo stare con le mani in mano visto quanto sta accadendo alla popolazione del mio paese e abbiamo deciso di dare il nostro supporto con questa iniziativa. L’accoglienza e l’integrazione passano anche dalla cultura – ha spiegato Yuliva Lenko – e abbiamo organizzato anche una serie di letture a voce alta in ucraino di favole e storie. Un piccolo grande gesto di solidarietà e umanità che al contempo si rivela un modo per approfondire il valore e la bellezza di una cultura mai così vicina come oggi al comune sentire. Vedo purtroppo negli occhi dei miei connazionali la paura e l’incredulità per quello che sta accadendo. Vogliamo dare loro una mano e gli appuntamenti in libreria ci auguriamo possano essere un momento di sollievo. Siamo diventati un punto di riferimento, in pochi giorni sono passate decine di persone che arrivano dalle città colpite dai bombardamenti. Solo sentir parlare la propria lingua rappresenta un sostegno psicologico e morale.
Per questo la biblioteca si è trovata ad affrontare l’emergenza della guerra e il massiccio arrivo a Trento di famiglie ucraine con una collezione già piuttosto ricca di testi per adulti e bambini, provvedendo anche ad acquistare rapidamente nuovi titoli, per aumentarne così la dotazione, oltre ai circa 300 libri al momento già disponibili». La conclusione è stata affidata a Ekaterina Ziuziuk dell’Associazione Bielorussi in Italia Supolka e presidente regionale di Articolo21 che ha eseguito una toccante canzone di pace ricordando anche il caso di tre giornalisti bielorussi in carcere: Dzianis Ivashyn, Katsiaryna Andreeva e Aksana Kolb. «La fonte da cui abbiamo queste informazioni è Viasna, considerata la Bibbia delle repressioni politiche in Bielorussia, affidabile e certificata» All’Osservatorio Balcani Caucaso e ai genitori di Antonio Megalizzi sono state assegnate le targhe di Articolo 21 con la tessera onoraria dell’Associazione nell’ambito della ricorrenza per i vent’anni della sua nascita.
La sera del 16 settembre 1970 il giornalista dell’Ora venne rapito sotto casa da sicari mafiosi. Il suo corpo non fu più trovato. «I dubbi irrisolti e l’esito negativo dei procedimenti giudiziari costituiscono una sconfitta per le Istituzioni e, al tempo stesso, continuano a sollecitare l’impegno affinché si squarci il velo degli occultamenti», scrive il Capo dello Stato.
«Mauro De Mauro venne rapito cinquant’anni or sono da sicari mafiosi e il suo corpo non fu più trovato. In questo giorno di ricordo, desidero esprimere anzitutto la mia vicinanza e solidarietà ai familiari e a quanti conobbero e lavorarono con De Mauro, apprezzandone le qualità umane e l’impegno professionale. Ricerche e indagini non sono giunte a piena verità sulle ragioni e le responsabilità dell’efferato omicidio. I dubbi irrisolti e l’esito negativo dei procedimenti giudiziari costituiscono una sconfitta per le Istituzioni e, al tempo stesso, continuano a sollecitare l’impegno affinché si squarci il velo degli occultamenti». Lo scrive il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione del cinquantesimo anniversario della scomparsa del giornalista.
«Palermo, la società siciliana e l’intero Paese – prosegue il Capo dello Stato – hanno sempre riconosciuto la matrice mafiosa: per questa ragione De Mauro è diventato un simbolo della comunità che vuole liberarsi dal giogo della criminalità e che intende affermare il principio di legalità come condizione di civiltà e di sviluppo. De Mauro rappresenta anche, con il suo sacrificio, il giornalismo che compie fino in fondo il proprio lavoro, che cerca di far luce su vicende oscure con coraggio, che non si accontenta di versioni di comodo, che esercita la propria libertà per assicurare, nel pluralismo, le libertà di tutti. Sono tanti i giornalisti che nel mondo pagano il prezzo più alto per questo impegno. Il loro esempio è un testimone ora affidato a tutti i colleghi e alle generazioni più giovani».
(Fonte: FNSI)
- di Roberto Rinaldi
A Trento Smart City Week 2019, nei giorni di un’estate tardiva, è arrivato come ospite della manifestazione dedicata ai “cittadini al tempo del digitale” Paolo Borrometi giornalista e presidente dell’Associazione Articolo 21, invitato a parlare di un tema attuale e controverso come la “digitalizzazione dell’informazione: rischi, opportunità, prospettive”, intervistato da Alberto Faustini direttore del quotidiano L’Adige di Trento presentato al pubblico del villaggio digitale in Piazza Duomo come un «buon simbolo di un certo modo di fare giornalismo che ha la necessità però di protezione. Paolo subisce per questo una vita complicata (vive con una scorta fissa) è oggi sabato 21 settembre vogliamo anche ricordare che sono trascorsi 29 anni dall’assassinio di Rosario Livatino che avrebbe compiuto 38 anni pochi giorno dopo la sua morte e definito impropriamente da Cossiga “giudice ragazzino”. Come è doveroso ricordare Giancarlo Siani ucciso prima ancora di essere stato iscritto all’Ordine dei Giornalisti, assassinato per il suo impegno nello scrivere i fatti di cronaca. Il valore della testimonianza è fondamentale per tutti noi».
«Ci sono uomini che hanno pensato di fare la cosa giusta e l’hanno difesa fino alla fine – ha proseguito Borrometi – e noi possiamo ricordarli facendo camminare le loro idee sulle nostre gambe. Giornate come questa (la programmazione di Trento Smart City 16-22 settembre comprendeva molti appuntamenti dedicati ad argomenti e linguaggi del digitale, ndr) sono patrimonio di ognuno di noi e dobbiamo sempre ricordare chi ha fatto una cosa giusta e a difesa della Costituzione italiana e dei suoi valori. Dimentichiamo troppo spesso le vittime che hanno perso la vita per difenderla. Penso a Bruno Vespa che invita nel suo programma il figlio di Totò Rina e lo fa parlare ma il giornalista ha il diritto-dovere di informare, come previsto dall’articolo 21 della nostra Costituzione, così come il cittadino ha il diritto ad essere informato” , ma in questo caso non ravvedo la legittimità di invitarlo a Porta a Porta. Il diritto di essere informati passa dal ricordo e dalle testimonianze vive di chi non c’è più».
L’informazione al tempo dei social è viziata da molte notizie false e strumentalizzate ma «il giornalista ha sempre il dovere di non perdere la bussola del suo e nostro impegno» – ha proseguito Borrometi che oggi è partito per gli Stati Uniti dove li verrà consegnato un premio. Si parlato anche del tema delle mafie e della condizione personale in cui è sottoposto a molte limitazioni della sua libertà. «Il problema della mafia è scomparso dall’agenda politica da molto tempo e non solo ora ma anche durante la gestione da parte degli ultimi governi che hanno preceduto quello attuale. Spesso siamo ignari e silenziosi facendo il gioco di chi opera nell’illegalità. Ci ricordiamo delle mafie solo quando sparano. Si pensa che siano scomparse ma le mafie continuano a fare i propri interessi sparando molto meno. Fanno affari nella vita di ognuno di noi e non possiamo girarci dall’altra parte. Le mafie nascono nell’arretratezza culturale, ma vogliono prosperare nelle comunità ricche. Anche in Trentino (le segnalazioni di operazioni sospette di riciclaggio di denaro in Trentino-Alto Adige sono state 621 e di queste 177 evidenziate come operazioni di riciclaggio legate alla criminalità mafosa. Fonte Libera, ndr)».
Faustini ha poi chiesto come vive la questione dei social dove viene insultato e minacciato: «sei molto presente sui social ma li subisci anche per i commenti che ricevi».
«I social sono una straordinaria opportunità di confronto, ha detto, non possiamo passare i linguaggi d’odio, perché non devono essere la valvola di sfogo delle nostre ire, ma attraverso i social può diffondersi il rispetto delle differenze e di qualunque idea politica che abbia ognuno di noi. Noi non dobbiamo scrivere per compiacere qualcuno. Meglio perdere un minuto in più, ma tutelare la dignità delle persone di cui stiamo scrivendo». Il direttore dell’Adige ha ricordato le inchieste pubblicate in Rete da Borrometi dove però arrivano anche messaggi intimidatori e il rapporto con il mondo digitale diventa controverso. «Io ho scoperto obtorto collo il giornalismo on line quando mi viene impedito di scrivere sul giornale cartaceo con cui collaboravo visto che il direttore negava la presenza della mafia – ha spiegato Borrometi – e in questo modo ho scoperto la Rete. Ho deciso così di fondare il sito la spia.it insieme ad altri colleghi. La Rete è una grande potenzialità per tutti, anche per noi giornalisti, ma rappresenta pure un pericolo. Antonio Megalizzi (erano presenti anche i genitori e la sua fidanzata Luana Moresco, oltre al segretario del Sindacato giornalisti del Trentino Alto Adige – Südtirol, Rocco Cerone e Lorenzo Basso vice segretario e membri di giunta della FNSI, ndr) sapeva contrastare le fake news rispondendo sempre sui social a chi le diffondeva. Si confrontava con chi usava il linguaggio dell’odio. Dobbiamo recuperare la credibilità anche nella nostra professione e mi spiace dire come l’Ordine dei Giornalisti abbia “dormito” su certi fatti gravi accaduti – citando anche i casi di Vittorio Feltri di Libero e Fabio Sanfilippo caporedattore Rai radio 1 – dimostrando nessun segno di vitalità. Non capisco se facendo così si tuteli Feltri o si tuteli chi viene offeso. Il giornalismo digitale oggi ha un’enorme importanza e dobbiamo verificare sempre la fonte delle notizie quando, al contrario, leggo fake news diffuse da “presunti” giornali on line». Un problema deontologico della categoria spesso eluso a dimostrazione che la cultura dell’informazione debba essere monitorata anche in chi scrive e pubblica. «È accaduto in passato di dare una notizia all’Agenzia giornalistica italiana 13 minuti prima che l’avesse l’Ansa, e questo lasso di tempo è fondamentale, ma se arrivi prima degli altri e sbagli a informare con una notizia non accertata prima, commettiamo un’errore deontologico grave. La giusta velocità va coniugata con il rispetto della notizia corretta. Quelle più lette on line sono i resoconti degli incidenti stradali ma va fatta la verifica della fonte. Mentre Paolo Borrometi rispondeva alle domande di Alberto Faustini un’artista di talento disegnava le parole chiave del dibattito corredate da simboli e fumetti: Sara Seravalle fa parte di Visual Stories di Milano e Roma ed è stata incaricata dal Comune di Trento e Provincia Autonoma di seguire con i pennarelli tutti gli eventi.
Il sindacato giornalisti del Trentino Alto Adige ed Articolo 21 della regione esprimono sconcerto e preoccupazione per i gravi attacchi personali nei confronti del collega Paolo Borrometi, “reo” di aver portato alla luce, attraverso documentate e puntuali inchieste giornalistiche, gli scambi ed i rapporti della criminalità organizzata. Dopo le minacce, le aggressioni e gli attentati alla vita del collega, costretto oggi a vivere sotto scorta, assistiamo ad un crescendo di offese da parte di un iscritto all’Ordine e ingiurie che nulla hanno a che fare con la professione giornalistica. Riscontriamo, in articoli e post degli ultimi giorni, motivazioni e finalità estranee ai principi deontologici di garantire un’informazione corretta, improntata su una leale chiarezza espositiva e caratterizzata da un’esposizione in forma civile. Ci permettiamo di ricordare come, in nessun caso, l’aggressione verbale sia contemplata quale prassi giornalistica, né se diretta nei confronti di una persona, né qualora prenda in considerazione familiari. Una prassi del genere è piuttosto da attribuire ad un altro modo di ragionare, che nulla condivide con la nostra professione. Ci auguriamo che l’Ordine nazionale dei giornalisti prenda una posizione netta nei confronti dei responsabili. Facciamo nostro l’appello che il collega Paolo Borrometi si è trovato più volte a lanciare: non rimaniamo indifferenti di fronte a intimidazioni, attacchi e aggressioni che, prendendo di mira un collega per il proprio impegno, colpiscono tutti noi. Questa lotta – che è la lotta per la difesa dell’informazione libera – ci riguarda tutti!