«È ripartita la mobilitazione per chiedere, di nuovo e con più forza, al governo attenzione su un settore, quello dell’informazione, vitale per la democrazia. La professione è sempre più sotto attacco, ma ai messaggi di solidarietà che si ripetono ad ogni aggressione, minaccia o tentativo di imbavagliare la stampa non segue alcun atto concreto. Chiediamo a chi ha il potere e il dovere di fare i provvedimenti: meno solidarietà e più atti concreti». Lo ha detto Raffaele Lorusso, segretario generale della Fnsi, aprendo la riunione straordinaria del Consiglio nazionale convocato in piazza, davanti a Montecitorio, sollecitando interventi «strutturali e urgenti» a sostegno del settore. All’iniziativa ha preso parte anche una delegazione del Sindacato dei giornalisti del Trentino Alto Adige (Sjg), guidata dal segretario regionale, Rocco Cerone.
«Da anni – ha proseguito Lorusso in pizza – sono fermi in parlamento provvedimenti contro le querele bavaglio, per la riforma della diffamazione, contro il precariato dilagante. E, nonostante i ripetuti interventi del presidente della Repubblica Sergio Mattarella in difesa del lavoro dei cronisti, nulla è stato fatto. Le condizioni di lavoro vanno sempre più peggiorando: i lavoratori dipendenti espulsi dalle redazioni, i cococo trattati peggio dei rider, il tavolo sull’equo compenso fermo a dispetto dei proclami. E a fronte di questa situazione drammatica il governo cosa fa? Accende i riflettori sull’Inpgi, il cui dissesto è figlio proprio della distruzione di posti di lavoro e della precarietà, pensando di poter dare un colpo di spugna al sistema di welfare della categoria senza voler affrontare le criticità strutturali del settore».
Commissariare l’Inpgi, ha incalzato Lorusso, «significa andare a mettere le mani nelle tasche dei colleghi. Il commissariamento dell’Inpgi sarebbe il commissariamento della professione. Non possiamo permetterlo. Serve invece concertazione, serve una riforma strutturale del settore. Quello che chiediamo al governo è di affrontare le criticità del mondo dell’informazione convocando attorno a un tavolo le parti sociali. Riteniamo sia il momento di chiedere con forza questo confronto. Di fronte a un rifiuto sarà inevitabile alzare il livello del confronto e gli operatori dell’informazione non potranno che far sentire propria voce con forme di protesta più forte, come lo sciopero».
La presidente dell’Inpgi, Marina Macelloni, ha ricordato che i vertici dell’Istituto hanno presentato al tavolo tecnico voluto dal governo «una proposta per allargare la platea dei contribuenti che – ha rilevato – è stata valutata, è solida, è l’unica che, secondo noi, possa garantire l’autonomia dell’istituto e della professione». L’alternativa, incalza Macelloni, «è lo scioglimento dell’Istituto dentro l’Inps e noi siamo qua per dire che non lo vogliamo. Mantenere l’Istituto autonomo si può e si deve fare. I problemi dell’Inpgi sono una conseguenza dei problemi che attanagliano il settore dell’editoria da più di un decennio e che nessuno mai ha affrontato. Far sparire l’Istituto non è la soluzione. Se si affrontano i problemi si troverà anche la soluzione per l’Inpgi».
A chiudere l’incontro il presidente della Federazione della Stampa, Giuseppe Giulietti. «Querele bavaglio, equo compenso, tutela delle fonti, aggressioni e minacce, i rider dell’informazione che “viaggiano” a 5 euro a pezzo – ha snocciolato – su tutti questi temi non servono più solidarietà, ma interventi concreti. Chiedo al presidente del Consiglio: perché mentre si discute di Inpgi non si parla anche di applicazione dell’equo compenso? Mi auguro che dopo questa iniziativa non arrivino decine di attestazioni di solidarietà dalle istituzioni e dalla politica, perché di solidarietà si può morire. Diteci piuttosto la data di approvazione dei provvedimenti. Chiediamo al presidente Draghi che riconduca a sé la trattativa sul grande tema che è la riforma dell’editoria. Basta annunci di tavoli cui non seguono fatti. Se prosegue l’assalto all’articolo 21 della Costituzione sarà necessario proseguire la mobilitazione fino, se necessario, allo sciopero».